Omogenitorialità, un diritto violato.
Tra l’indifferenza dello stato e disegni di legge poco chiari, le difficoltà delle coppie dello stesso sesso ad avere un bambino.
Il tema dell’adozione per le coppie dello stesso sesso è da sempre una questione che divide l’opinione pubblica, da una parte chi appoggia il diritto alla genitorialità di qualsiasi individuo e dall’altra i sostenitori della famiglia tradizionale. L’Italia a differenze di molti paesi europei non ha ancora una legge che tutela il diritto all’adozione delle coppie omosessuali ma prevede l’adozione in alcuni casi particolari.
Prima di spiegare a cosa corrispondono i casi particolari ai quali fa riferimento la legge, è bene fare una brevissima premessa sulle unioni civili. Queste vengono garantite dal 2016 con l’approvazione della legge Cirinnà, grazie alla quale anche alle coppie di fatto composte da due persone dello stesso sesso sono stati riconosciuti gli stessi diritti delle coppie non unite in matrimonio ma composte da un uomo e una donna. La legge prevede che possano formare un unione civile due persone maggiorenni, capaci d’intendere e volere e che non siano già sposate o unite civilmente. Questa non è un vero e proprio matrimonio ma un unione regolata dalla legge e infatti non garantisce alle coppie di fatto gli stessi diritti delle coppie sposate. Una delle lacune più significative della legge Cirinnà riguarda l’adozione da parte delle coppie omosessuali, infatti seppure la comunità LGTB rivendica da anni il proprio diritto di adottare, proponendo anche disegni di legge analoghi a quelli di altri paesi europei, ancora oggi si è lontani da una vera soluzione e le poche concessioni ottenute sono difficili da attuare nella pratica.
Inizialmente il decreto-legge Cirinnà prevedeva la clausola dello stepchild adoption cioè l’adozione da parte di uno dei componenti della coppia del figlio/i del partner, ma è stato poi modificato e attualmente stabilisce che le coppie omosessuali non possono in casi normali, adottare minori in stato di abbandono o intraprendere l’adozione co-parentale. Si può bene intuire che le coppie composte da due persone dello stesso sesso non hanno la strada spianata per avviare le procedure di adozione in Italia, possono però agire in due modi, procedere alla fecondazione assistita in un altro paese oppure affidarsi alla giurisdizione italiana che prevedere l’adozione co-parentale in alcuni casi specifici. La legge ha colmato la lacuna legislativa riconoscendo legale l’adozione co-parentale, solo se tra il genitore sociale (quello non biologico) e il minore c’è una legame forte e perpetuato nel tempo e quindi l’adozione risponda al preminente interesse del minore. Il genitore che intende chiedere l’adozione del figlio del partner biologico deve presentare una domanda al tribunale dei minori, da quel momento sarà il tribunale a verificare che ci siano i requisiti previsti dalla legge per l’adozione in casi particolari.
La giurisdizione prevede anche che possa essere trascritto in Italia il certificato di nascita di un bambino concepito con fecondazione assistita in un altro paese, indipendentemente dall’orientamento sessuale dei due genitori, in questo caso il bambino viene dichiarato a tutti gli effetti figlio della coppia. La pratica della fecondazione assistita all’estero, in Italia resta tutt’oggi illegale, è quella che scelgono la maggior parte delle coppie di fatto che desiderano avere un bambino. Si predilige questa soluzione perché è più semplice e meno soggetta ai cavilli burocratici che invece sono ricorrenti nell’adozione co-parentale. Ciò nonostante il diritto alla genitorialità viene negato a tutte le altre coppie che per motivi economici o sociosanitari non posso mettere in atto nessuna delle due opzioni previste dalla legge italiana ma potrebbero rivestire un ruolo fondamentale nella vita di un bambino orfano. Alla luce di quanto appreso viene spontaneo chiedersi, perché uno stato democratico come l’Italia non fa nulla per garantire alle coppie omosessuali, un diritto che per le coppie etero è invalicabile?