Lompoul, esempio delle relazioni economiche tra Africa ed Europa
Visitate il Senegal e andate a Lompoul, dove per 18 kmq si staglia l’unico deserto del paese, che a partire dal 2023 rischia di sparire a causa delle operazioni di estrazione mineraria.
Siamo state messe in guardia da un amico italiano sull’importanza di visitare il prima possibile Lompoul. Questa lotta contro il tempo l’abbiamo presa sul serio e, nel primo week-end disponibile, ci siamo catapultate tra le dune ferrose dell’unico deserto senegalese. La forte presenza dell’ilmenite infatti permette di distinguere a occhio nudo i granelli neri del minerale da quelli della sabbia, ed è la caratteristica principale di Lompoul, ma anche il motivo del suo sfruttamento che inizierà nel 2023. Su Lompoul infatti, hanno messo gli occhi non solo i turisti, ma anche gli investitori esteri, vale a dire ERAMET, e MDL (Mineral Deposits Limited), le due compagnie rispettivamente francese e australiana hanno infatti messo su una joint venture e detengono il 90% del capitale della GCO (Grande Côte Operations), la compagnia che si occuperà delle operazioni di estrazione del minerale, che verrà utilizzato per la produzione di carta e plastica. La restante quota è di proprietà del governo senegalese.
L’accaparramento delle terre degli ex paesi colonizzati non è certo un fatto nuovo, Kwame Nkrumah ne aveva parlato già nel 1965 con la pubblicazione del suo libro Neo-Colonialism, the Last Stage of Imperialism. Il primo presidente del Ghana libero aveva infatti definito il neocolonialismo come l’ultimo stadio del capitalismo, affermando che, senza un’indipendenza economica, le ex colonie non avrebbero mai raggiunto un’indipendenza politica e una vera e propria libertà, “le risorse del continente africano sono e continuano ad essere utilizzate per lo sviluppo e gli interessi dei paesi esteri”. Quanto lo sviluppo dell’occidente incida a generare sottosviluppo tra le ex colonie è stato messo in evidenza dall’organizzazione canadese Global Research, analizzando il caso-studio dello Zimbabwe. Il paese africano infatti è uno tra i principali produttori di tabacco. Nel 2016 le sue esportazioni hanno portato ad introiti pari a 650 milioni di dollari, ma se quello stesso anno, il paese avesse investito per favorire anche i processi di trasformazione della materia prima in sigarette, anziché esportare le materie prime, avrebbe registrato un’entrata per le casse dello stato di 6,5 miliardi di dollari.
Il meccanismo di soggiogamento economico delle ex colonie africane è stato regolarizzato nell’ambito di una cornice giuridica nel 1963 con la firma della Convenzione di Yaoundé, che prevedeva la creazione di una zona di libero scambio e di rapporti preferenziali tra l’allora Comunità economica europea e i governi africani (che avevano ottenuto l’indipendenza solo nel 1960). L’economista Philippe Hugon ha schematizzato le articolazioni del sistema economico euro-africano come un modello circolare che ha un unico sbocco nei mercati africani: gli stakeholder esteri infatti comprano le materie prime dalle ex colonie e i prodotti finali ottenuti dalla loro lavorazione, a loro volta vengono immessi e rivenduti negli stessi paesi produttori. Chi decide se, e a che prezzo le concessioni e le compravendite possono avvenire non è la popolazione locale, la quale è relegata al ruolo di spettatrice, ma i vertici politici ed economici, e quello di Lompoul è esempio della sottrazione di un territorio ai propri cittadini in favore di un proprio interesse economico. In Senegal infatti, le strutture del modello neocoloniale sono ancora stabili e ben funzionanti.
Il successo di una strategia economica dipende soprattutto dalla capacità degli stakeholder esteri di presentare attività di land grabbing come investimenti allo sviluppo volti a creare posti di lavoro in un paese povero e, a valorizzarne il territorio. Il sito ufficiale di ERAMET infatti prevede una breve sezione, Manifesto, in cui sono decantati gli obiettivi dell’azienda: lavorare per un mondo più sostenibile…che comporta un continuo sforzo nell’utilizzare le nostre risorse nazionali in modo più responsabile. Andando nel dettaglio dell’operazione GCO, ERAMAT si impegna, in base al suo accordo minerario, a costruire nel territorio senegalese scuole e ospedali forniti di ambulanze. Pur non entrando nel merito della bontà degli intenti, risuonano le parole di Nkrumah: l’imperialismo…sostiene di “dare” l’indipendenza ai suoi ex sudditi grazie ad “aiuti” al loro sviluppo. Questa somma di moderni tentativi di perpetuare il colonialismo parlando allo stesso tempo di “libertà”, è nota come neocolonialismo» Non a caso le attività di accaparramento nei paesi in via di sviluppo sono fissate in un discorso ideale di benevolenza, in cui lo stakeholder straniero è raccontato come investitore generoso e lungimirante e, la comunità locale, come popolazione riottosa alle novità del progresso. Sempre all’interno del sito ufficiale di ERAMAT si legge: “La comunità all’inizio non era dalla nostra parte. Abbiamo fatto molte attività didattiche, molto prima dell’inizio dei lavori di costruzione, per dimostrare che l’impronta ambientale era minima e che il terreno è stato riportato allo stato in cui era prima, anche con un guadagno in termini di ri-vegetazione e qualità dei villaggi ricostruiti “
Abdul, il cameriere del lodge in cui siamo state ospiti, è parte attiva di quella fetta di popolazione che è contraria alla depredazione del proprio deserto. Le sue parole sono piene di rassegnazione quando ci dice “entro il 2023 questo deserto e il nostro lodge non ci saranno più. Ci siamo rivolti anche a grandi ONG come Greenpeace, ma non abbiamo ottenuto risposta. Ci stiamo organizzando con i mezzi che abbiamo a disposizione, comitati, gruppi whatsapp… Lompoul è la tappa finale di un processo che è iniziato nel 2014 a Diogo, e che si concluderà qui”. La strategia della Joint venture franco-australiana infatti è iniziata tempo addietro, insediandosi nel villaggio a 50 km da Dakar, dalla cui sabbia, solo nel 2014 sono state drenate 80.000 tonnellate di zircone (lo zircone è utilizzato per la produzione di schermi al plasma e nell’industria aerospaziale, ma se si considera che in Senegal non esistono aziende nazionali di industria pesante, è ragionevole e meccanico pensare che la vendita dei prodotti finali non contribuisce al PIL nazionale). Nel mondo capitalista i centimetri che acquisisci sono dati dalla quantità di soldi che riesci a tirar fuori, e Abdul, è cosciente che la lotta è contro dei giganti e loro sono solo delle persone. Quanto i lavori impatteranno sul territorio non è possibile prevederlo, nella prospettiva di un futuro incerto conviene avere fiducia che l’ERAMAT si impegni a costruire davvero un mondo sostenibile.