Polonia, la determinata lotta per il diritto all’aborto

A poco più di un anno dall’entrata in vigore della legge che bandisce l’aborto in Polonia, non si fermano le campagne per la salvaguardia della vita delle donne.


Il 25 gennaio, in Polonia, si è registrata l’ennesima tragedia che vede protagonista, ancora una volta, una donna a cui è stato negato l’aborto. È il caso di Agnieszka T., di 37 anni. La donna era incinta di due gemelli. Il 21 dicembre, però, venne ricoverata in seguito a forte dolore all’addome che ha portato, due giorni dopo, alla morte di uno dei feti. L’ospedale si rifiutò di intervenire con un’operazione, a causa delle rigide regole del Paese che vietano l’aborto. Dopo circa una settimana, anche il secondo feto è morto. Da quel momento, lo stato di salute di Agnieszka è andato deteriorandosi sempre di più. Il 31 dicembre, i medici l’hanno operata rimuovendo i due feti deceduti che la donna aveva tenuto in grembo per due giorni. L’intervento, però, è risultato vano e le condizioni di Agnieszka sono peggiorate, provocandone la morte.

La testimonianza della sorella Wioletta

Al quotidiano polacco Newsweek, Wioletta Paciepnik, la sorella gemella della vittima, ha spiegato che, nonostante fosse stata dimessa, a dicembre, il dolore e la sofferenza di Agnieszka erano evidenti: non riusciva nemmeno a mangiare né a bere. «Sto cominciando a pensare che le cose in ospedale siano andate così male, perché i medici si resero conto dei disturbi del linguaggio di mia sorella. Credo che, non appena videro che Agnieszka non riusciva a parlare bene, decisero di prendere tutte le decisioni per lei. […] Così, quando io e suo marito andammo alla clinica ginecologica per avere sue notizie, scoprimmo che era stata trasferita in ospedale. Una volta là, ci dissero che non potevamo avere informazioni perché lei non aveva dato l’autorizzazione. Ma come potevano pretendere che firmasse un’autorizzazione in uno stato di agonia simile? È incredibile», ha confessato Wioletta al quotidiano. Poi ha aggiunto: «Non è vero, come dicono i giornali, che Agnes era al terzo trimestre della gravidanza. Era ancora al primo».

La legge anti-aborto polacca

Manifestanti per il diritto all'aborto
Manifestanti per il diritto all’aborto

Il 27 gennaio 2021, in Polonia, il governo approvò la legge che vieta l’aborto anche in caso di malformazione grave o letale del feto, o di problemi tali da determinare la morte certa del neonato. Il provvedimento era già stato approvato nell’ottobre dell’anno precedente, ma le diffuse manifestazioni riuscirono a sospenderlo per qualche mese. Da allora, l’interruzione della gravidanza è considerata illegale, salvo in caso di incesto, stupro o situazioni altamente pericolose per la vita della madre. Nessuna protesta è più riuscita a cambiare la legge.

Proteste per la legalizzazione dell'aborto
Proteste per la legalizzazione dell’aborto

Nel 2019, su un totale di 1.100 aborti registrati nel Paese, 1.074 erano avvenuti a causa di malformazioni del feto. Dallo scorso anno, questo non costituisce più un valido motivo per procedere con l’interruzione della gravidanza, poiché va contro alla Costituzione polacca che prevede la “tutela della vita in qualsiasi caso”. Questo, aggiunto alla presenza di numerosi medici obiettori di coscienza, ha diffuso sempre di più nel Paese la pratica degli aborti clandestini che rappresentano un vero pericolo per la salute di quasi 200mila donne ogni anno. Per prevenire queste pratiche il più possibile, si sono create reti di supporto, come Abortion Dream Team e Abortion Without Borders, composte da diverse organizzazioni attiviste e gruppi. Queste sostengono tutte le donne che vivono in Polonia, assicurando loro un accesso all’aborto sicuro in Repubblica Ceca, Germania, Paesi Bassi, Austria, Regno Unito e Svezia.

The Polish Women's Strike
The Polish Women’s Strike

Ogólnopolski Strajk Kobiet: “Aborto legale”

Cinque anni fa, poi, nacque Ogólnopolski Strajk Kobiet, conosciuto anche come The Polish Women’s Strike. Si tratta di un movimento  sociale che si pone l’obiettivo di protestare contro le violazioni dei diritti umani e che lotta per l’aborto legale e sicuro, nonché per lo stato di diritto e la libertà civica. Il movimento è uno dei promotori della petizione “Aborto legale. Senza compromessi”. Il progetto è iniziato dopo che, lo scorso settembre, una trentenne alla ventiduesima settimana di gravidanza è morta a causa di uno shock settico. Nonostante le condizioni critiche in cui riversava, le era stato negato l’aborto. Tra le tante cose, il disegno di legge prevede, per chi lo volesse o necessitasse, il diritto all’assistenza sanitaria sotto forma di aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza e il diritto di interrompere la stessa dopo la dodicesima settimana, in caso, ad esempio, di difetti fetali. Per la prima volta, la disposizione è quella di depenalizzare l’aborto in tutti i sensi, sia nei riguardi di coloro che vi si sottopongono sia di coloro che lo assistono. Il disegno di legge sarà presentato in Parlamento l’8 marzo, proprio in occasione della giornata internazionale della donna.

La posizione dell’UE

Anche il Parlamento europeo si è mobilitato in questo senso, proponendo, lo scorso 3 novembre, una risoluzione che condanna la sentenza del Tribunale costituzionale illegittimo e che esprime solidarietà nei confronti delle donne polacche e degli attivisti. Inoltre, nella stessa, ha rivolto un invito al governo polacco “a garantire rapidamente e pienamente l’accesso e la disponibilità di servizi di interruzione di gravidanza, a prestare servizi di aborto sicuri, legali, gratuiti e di elevata qualità e a renderli accessibili a tutte le donne e le ragazze”.

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Chiara Conca