Riforma Cartabia, del CSM, e referendum sulla giustizia, ovvero l’arte di saper fare di necessità virtù
Nella storia del diritto italiano il 2022 è destinato ad assumere le sembianze di un anno cruciale nel quale vedrà la luce un’imponente riforma della giustizia.
E’ indispensabile premettere che essa giunge a maturazione in un contesto in cui il nostro Paese è chiamato a raggiungere obiettivi strategici attraverso riforme strutturali in grado di rilanciare l’economia ed il benessere sociale.
Sotto questo aspetto, la riforma acquista una valenza decisiva, sia per la corretta esecuzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sia per l’ottenimento dei fondi del Recovery Plan, in quanto il raggiungimento degli obiettivi concordati con la Commissione Europea di riduzione dei tempi del processo è una delle “condizionalità” che consentirà al nostro Paese di accedere ai predetti fondi.
Giunge a maturazione in un momento storico difficile una delle riforme
più attese ed importanti per Paese: quella della giustizia. La necessità di ricevere aiuti economici sotto forma di fondi europei ha spinto la classe politica a ritrovare l’unità di intenti facendo prevalere l’interesse comune. In altre stagioni politiche, non sarebbe stato possibile un intervento di tale ampiezza ed impatto.
E’ opportuno precisare che il valore economico del P.N.R.R. per il comparto giustizia è pari 2,7 miliardi, mentre per il Recovery Plan si parla di 191 miliardi destinati alla rinascita economica e sociale del paese, pertanto appare chiaro che il raggiungimento degli obiettivi rappresenta un “passaggio obbligato” di questa particolare epoca storica, destinato a riverberarsi sull’intero “sistema-paese”.
La novella globalmente intesa si compone di due grandi interventi in ambito civile (l. n. 206/2021) e penale (l. n. 134/2021), il cui obiettivo è rendere la giustizia più efficiente e di velocizzarne i tempi. A questi, si devono aggiungere la riforma del CSM (d.d.l. A.C. 2681-A), ed i cinque quesiti referendari, che nel loro insieme mirano anche a togliere peso alle c.d. “correnti” politiche presenti all’interno del CSM, in risposta agli scandali che hanno coinvolto la magistratura italiana negli ultimi anni. Entrambi i provvedimenti puntano ad implementare la digitalizzazione dei procedimenti e l’utilizzo delle modalità telematiche per il deposito di atti e documenti, nonché per la partecipazione ad atti ed udienze.
Grazie a un piano di finanziamento previsto dal P.N.R.R. si investe sul personale, con la creazione dell’Ufficio per il processo: una struttura organizzativa che entrerà a far parte del nuovo modello di organizzazione del lavoro dei giudici con funzioni di smaltimento dell’arretrato e compiti preparatori.
La riforma della giustizia è in attesa dei decreti legislativi del Governo.
Con la riforma del processo penale, il cui livello di inefficienza desta le maggiori preoccupazioni in Europa, si mira a raggiungere una riduzione significativa dei tempi della giustizia andando ad incidere su aspetti sostanziali e procedimentali, sul sistema sanzionatorio, e sulla giustizia riparativa, mai prima d’ora disciplinata compiutamente.
E’ di fondamentale importanza l’intervento in materia di prescrizione del reato: introducendo un nuovo art. 161-bis c.p. si stabilisce che il corso della prescrizione del reato cessa dopo la sentenza di primo grado, sia essa di condanna o di assoluzione.
Viene altresì in rilievo il nuovo articolo 334 bis c.p.p. che prevede che la mancata definizione del giudizio di appello e del giudizio di cassazione entro i termini di ragionevole durata del processo previsti dalla legge Pinto costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale.
Questi interventi, nelle previsioni del legislatore, avranno il maggiore impatto sulla durata dei procedimenti.
Nel complesso quadro sin qui delineato, si innesta la votazione dei 5 referendum abrogativi sulla giustizia fissata al 12 giugno 2022, rispetto ai quali vanno focalizzati almeno tre quesiti referendari.
In primo luogo, quello per la separazione delle funzioni dei magistrati con cui si aspira a ridurre il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti; in secondo luogo, il quesito che intende consentire la partecipazione dei membri “laici” – scelti dal Parlamento -, alle deliberazioni dei Consigli giudiziari sulle valutazioni di professionalità e competenza dei magistrati.
Infine, il referendum in materia di elezioni dei componenti togati del CSM, che mira a scardinare il sistema delle “correnti” consentendo a qualunque magistrato che intenda candidarsi, di presentare la propria candidatura senza dover prima procurarsi un certo numero di firme.
Esposti succintamente i principali temi della riforma Cartabia, appare chiaro che per esprimere un giudizio sulla qualità di una riforma a carattere strutturale, organico e sistematico, bisognerà attendere l’attuazione che ne darà il Governo.
Tuttavia, non può essere messo in dubbio il fatto che una riforma di questa portata costituisca un passaggio obbligato per il nostro Paese sotto il profilo del bene comune, tenuto conto che essa giunge in un contesto storico-politico per certi aspetti irripetibile, e comunque tale da far riporre ogni speranza nell’autorevolezza di un presidente del Consiglio dei ministri e di una ministra della giustizia per nulla inclini a fare della giustizia una bandiera ideologica o elettorale, ed il cui valore personale corrisponde esattamente alla capacità tecnica di risolvere problemi.