L’Italia nella guerra tra diritto internazionale e diritto costituzionale
L’art. 11 della Costituzione limita il ricorso alla guerra ma ciò non equivale ad una dichiarazione di neutralità perpetua
E’ consentita solo la guerra di difesa perché se questa avesse carattere offensivo sarebbe incostituzionale
L’invio di armamenti a supporto dell’Ucraina da parte del nostro Paese pur essendo ammissibile sul piano del diritto internazionale integra una violazione dell’art. 117 della Costituzione
Il conflitto in corso tra la Federazione Russa e l’Ucraina vede la partecipazione del nostro Paese in veste di fornitore di armamenti ed equipaggiamento alle Forze Armate ucraine. Infatti, il 1° marzo, i due rami del Parlamento seguendo una prassi consolidata hanno approvato due risoluzioni gemelle, che hanno impegnato il Governo a cedere armamenti, apparati e strumenti militari per consentire all’Ucraina di esercitare il diritto alla legittima difesa.
La decisione del Governo italiano solleva almeno due questioni molto importanti sotto il profilo giuridico: in primo luogo, se l’invio di armi letali a una delle parti di un conflitto armato sia compatibile con la Costituzione e con i trattati internazionali; e poi, come il nostro Paese si qualifichi nel teatro bellico, prestando tale supporto.
La Costituzione italiana determina quando lo Stato italiano possa ricorrere legittimamente alla forza armata attraverso le disposizioni di cui agli artt. 10, c.1, e 11.
La prima disposizione, è una norma di adattamento automatico delle norme internazionali che conferisce al diritto consuetudinario internazionale e al diritto cogente un rango gerarchico superiore alla legge. Ne consegue che nel nostro ordinamento sono proibite tutte le azioni vietate dal diritto consuetudinario e dal diritto cogente come la norma sul divieto di aggressione, rispetto alla quale la norma interna di adattamento impone al nostro Stato di non ricorrere, singolarmente o insieme ad altri Stati, alla forza armata che possa qualificarsi come aggressione e non stipulare alleanze militari di natura aggressiva.
L’art. 11, al primo periodo, esprime il principio pacifista del ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, mentre il periodo successivo consente limitazioni di sovranità necessarie al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale mediante la partecipazione alle organizzazioni internazionali competenti. E’ pacifico che l’art. 11 Cost. impegni lo Stato italiano ad una restrizione al ricorso alla guerra, ma ciò non equivale ad una dichiarazione di neutralità perpetua, in quanto rimane esente da divieto il ricorso alla guerra di difesa.
Il Governo italiano si è impegnato a cedere armamenti all’Ucraina
L’art. 117, c.1 conferisce, altresì, ai trattati internazionali, un rango gerarchico superiore alla legge, pertanto ci si trova in un ambito nel quale la legalità costituzionale è strettamente intrecciata con il rispetto del diritto internazionale, e la risposta alle questioni sollevate prima non può prescindere dall’esame di alcuni istituti di diritto internazionale.
In primo luogo il diritto all’autodifesa cristallizzato nell’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite che garantisce ad ogni Stato attaccato “il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva”. Sotto questo profilo la prestazione di forniture di armi a uno Stato che sta reagendo a un attacco armato non è di per sé in contrasto con l’art. 11 della Costituzione.
In riferimento all’istituto della neutralità, il diritto internazionale classico stabilisce obblighi stringenti di astensione e imparzialità nei confronti dei belligeranti. E’ noto che la concezione della neutralità sia profondamente mutata insieme con la trasformazione della guerra da duello tra belligeranti a fattore di destabilizzazione della società internazionale, e che in linea di principio la neutralità è contraria al sistema di sicurezza collettiva sancito dall’ONU (Carta delle Nazioni Unite, art. 2, c.5). Tuttavia, bisogna tenere presente che le disposizioni della Carta dell’ONU che escludono l’applicazione delle regole di neutralità al fine di consentire le azioni militari dell’ONU, sono subordinate ad una decisione vincolante del Consiglio di Sicurezza e tale intervento, nel caso di specie, non vi è stato. Ne consegue lo Stato aggressore può adottare contromisure nei confronti del nostro Paese quale fornitore di aiuti militari in violazione della neutralità.
Infine, in riferimento al rispetto degli obblighi internazionali, viene in considerazione il Trattato sul commercio delle armi entrato in vigore il 24 dicembre 2014. Esso si applica anche al trasferimento di armi di natura non commerciale, prevedendo tra i casi di divieto assoluto l’esportazione «qualora al momento dell’autorizzazione [lo Stato] sia a conoscenza del fatto che le armi o i beni possono essere utilizzati per la commissione di genocidi, crimini contro l’umanità, gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949, attacchi diretti a obiettivi o soggetti civili protetti in quanto tali o altri crimini di guerra definiti come tali dagli accordi internazionali di cui lo Stato è parte» (art.6, c.3). Ebbene, i decreti governativi sull’invio di armi all’Ucraina non contengono alcuna menzione del Trattato sul commercio delle armi.
In conclusione, la scelta politica dell’invio di armamenti all’Ucraina da parte del nostro Paese, pur ammissibile sul piano del diritto internazionale (salvo quanto sopra espresso in materia di neutralità), può configurare una violazione dell’art. 117 Cost. e delle altre disposizioni costituzionali, in riferimento alla violazione degli obblighi internazionali che regolano i trasferimenti di armi.