Il caos sociale in Perù dopo l’autogolpe fallito di Castillo

Il caos sociale in Perù dopo l’autogolpe fallito di Castillo

| Dopo un anno e mezzo, è stato deposto il presidente peruviano. È il sesto in quattro anni |

Proposte N. 1 – Gennaio 2023

Dopo l’arresto dell’ormai ex-presidente, ora condannato a 18 mesi di detenzione preventiva, la popolazione e le forze dell’ordine si sono scontrate in maniera violenta.

Il nefasto lavoro di ostruzionismo della maggior parte dei deputati è riuscito a creare il caos con l’obiettivo di arrivare al governo prescindendo dalla volontà popolare e dall’ordine costituzionale”: così Pedro Castillo ha iniziato il suo ultimo messaggio alla nazione in qualità di presidente.

Lo scorso 7 dicembre doveva essere discussa una mozione di sfiducia nei suoi confronti – la terza in un anno e mezzo di mandato –, e il presidente ha deciso di anticiparla tentando quello che è stato definito come “autogolpe”: lo scopo principale era sciogliere il Congresso. È stato però anticipato a sua volta e, un’ora dopo, la mozione di sfiducia ha visto 101 voti favorevoli su 130.

Dopo il suo messaggio alla nazione, il potere giudiziario, il tribunale costituzionale, le forze armate e la polizia nazionale si erano dichiarate contro Castillo, rinunciando agli incarichi.

Le cose erano andate diversamente trent’anni fa: il presidente di allora, Alberto Fujimori, non aveva affatto tremato nell’annunciare lo stesso autogolpe, mentre Castillo è apparso agli occhi di tutti particolarmente teso – alcuni politici hanno ipotizzato intossicazione ed induzione. Fujimori invece aveva proclamato lo stato d’emergenza nazionale e ricevuto l’appoggio delle forze dell’ordine, portando a termine il suo intento ed apportando modifiche anche alla Costituzione.

È contro questa stessa Costituzione che si scaglia oggigiorno parte della popolazione, affermando che per Castillo – così come per i suoi predecessori, anch’essi di breve durata – era diventato praticamente impossibile governare dato l’alto grado di ostruzionismo che l’opposizione è legittimata a fare.

Inoltre, tale popolazione è scesa nelle strade per protestare: subito, è seguita la dura repressione della polizia che in alcuni video viene ripresa mentre spara pallottole e lacrimogeni contro i manifestanti – definiti terroristi –, con lo scopo di disperdere e ferire, arrivando anche ad uccidere. Fin’ora, 26 persone sono morte durante le proteste. Tra le zone più infiammate, vi sono Ayacucho, Apurimac, Arequipa e Cuzco: è il sud del Paese, che fin da subito si era sentito rappresentato da Castillo.

Infatti, quando nel 2019 aveva vinto contro Keiko, figlia di Fujimori, la sua vittoria aveva fatto ben sperare, perché il suo programma politico era a favore dell’educazione popolare, della nazionalizzazione delle industrie e di una nuova Costituzione: “questa volta un governo del popolo è arrivato per governare con il popolo e per il popolo, per costruire dal basso. Sarà la prima che volta che il Perù sarà governato da un contadino”, aveva detto. Figlio di contadini, aveva lavorato come risicoltore in Amazzonia ed era diventato insegnante di scuola primaria, divenendo conosciuto durante lo sciopero degli insegnanti del 2017.

Tuttavia, anche l’ex-presidente boliviano Evo Morales ha da poco riconosciuto che Castillo ha dovuto governare in un sistema istituzionale “perverso”, con la Costituzione di Fujimori e con un Parlamento a maggioranza fujimorista. Tre dettagli più che rilevanti, poiché al Congresso va chiesto il permesso per nominare i ministri e viaggiare all’estero e perché l’articolo 113 della Costituzione stabilisce che tra i motivi per la rimozione del presidente vi è anche la “permanente incapacità morale o fisica, dichiarata dal Congresso.”

È proprio con questa motivazione che dopo solo quattro mesi dall’elezione è arrivata la prima mozione per “permanente incapacità morale”, seguita da una seconda a marzo 2022 e dall’ultima, questo dicembre.

Riassumendo, possiamo dire che le cause principali dietro a questa destituzione sono la grande frammentazione dei partiti che spesso impedisce ad un presidente di ottenere la maggioranza, la tendenza dei partiti dell’opposizione a generare un clima teso ed avere elezioni anticipate e una presidenza debole che, oltre alle accuse di corruzione ed incompetenza, non è riuscita a creare un governo stabile, nominando più di 50 ministri in meno di 12 mesi.

Il Congresso ora è pieno di parlamentari che rappresentano semplicemente se stessi ed interessi imprenditoriali, mentre i manifestanti chiedono che i deputati e la neo-presidente Dina Boluarte rinuncino e che ci siano elezioni anticipate. La stessa Boluarte, però, ha recentemente affermato che le elezioni si svolgeranno ad aprile 2024, inasprendo ulteriormente le proteste e le conseguenti repressioni, che continuano a mietere vittime.

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Maria Casolin