Le attiviste iraniane chiedono che la questione in Iran non sia dimenticata
Gissu, Mahnaz e Sanaz ci descrivono lo stato delle proteste e di quanto ancora manca per poter tornare a parlare di libertà. Richiamano l’attenzione sulle proteste in Iran per non abbandonare chi ancora lotta o chi è imprigionato.
Il 16 Settembre 2022 divamparono una serie di proteste in Iran a seguito dell’uccisione della giovane Mahsa Amini. A quasi un anno, la popolazione continua a protestare e a opporsi ad un vero e proprio regime dittatoriale mentre il governo sembra aver intensificato la presa sociale con tenaglie punitive sempre più costrittive.
Per cercare di descrivere con un occhio più interno ciò che sta accadendo UILS ha intervistato tre attiviste di Donna, Vita e Libertà di Firenze (gruppo territoriale molto attivo in Italia).
Siamo a quasi un anno dall’inizio delle proteste, qual’è la situazione attuale? Come vengono trattati gli iraniani e le iraniane?
Mahnaz– Tutta la popolazione iraniana è trattata malissimo dal governo. Chi non è allineato al pensiero unico del regime viene perseguitato, gran parte delle persone uccise in questo anno sono stati uomini, come la maggior parte dei politici sono uomini. Dall’esterno può sembrare che Donna, Vita, Libertà sia un movimento di protesta femminista e basta ma in Iran, adesso, se sei uomo o donna cambia poco…se rientri tra coloro che non sostengono il regime. Certo la donna si trova in una situazione più delicata, è più sotto pressione perché come ogni regime dittatoriale anche in Iran si usa il corpo della donna come esempio.
Come è avvenuto il passaggio alla dittatura? Come si è insediata?
Sanaz– Quando hanno preso in mano il potere, nel 1979, si insediarono con la rivoluzione e già nei tre anni successivi iniziarono con la pulizia culturale. Hanno chiuso le università e hanno ucciso tutti gli oppositori del regime temendo che potessero essere un problema per il loro governo. Hanno cercato sin da subito di insediare un regime di tipo medievale, professando un ritorno al passato. Nel Febbraio 1979 hanno annunciato che le donne avrebbero dovuto rispettare le regole imposte dalla Shari’a e in data 8 Marzo 1979 ci fu una grandissima manifestazione alla quale parteciparono moltissime donne con e senza velo e anche tantissimi uomini perché tutti avevano percepito le loro intenzioni. In quel periodo l’ obbligo del velo non era legge anche se le donne dovevano già indossare il velo per entrare in ospedale o in tribunale, in quei luoghi più istituzionali.
Ci furono uomini e donne accondiscendenti con il nuovo stato di cose che non si opposero e non protestarono?
Mahnaz– Gli uomini e le donne iraniani hanno impiegato un po’ di tempo prima di prendere delle posizioni nette. È innegabile che abbia permesso che si arrivasse a questo; c’è stato un tempo nel quale sembrava importasse molto di più vincere la rivoluzione senza valutare le conseguenze che la rivoluzione stessa avrebbe potuto portare con sé. Non si è previsto ciò che il governo avrebbe potuto fare ma era una società molto religiosa e occorre dire che i rivoluzionari promisero benessere terreno e nell’Aldilà… questo fece presa. Loro furono subdoli in questo.
Con la fine della rivoluzione Khomeinista del 1978-79 ci fu un progressivo allontanamento dallo stile di vita europeo e americano. Conseguenza di ciò fu la nascita del basij, una forza paramilitare istituita dall’Ayatollah Rohollah Khomeini nel Novembre 1979. Si trattava, all’inizio, di un gruppo di uomini troppo giovani o troppo anziani per far parte del servizio militare regolare che, su base volontaria, serviva il nuovo governo. Assumendo dei tratti sempre più violenti e autoritari con il passare del tempo.
Cosa può fare la polizia morale attualmente?
Gissu– Può fare praticamente tutto. Ha il potere assoluto, loro sono i soldati al servizio del regime e non devono rispondere a nessuno. Qualsiasi cosa essi ritengono che non sia in linea con le leggi religiose, possono perseguirle: dall’arresto immediato fino a percosse violente. Inoltre gran parte delle risorse del nostro paese, che ormai è completamente compromesso, sembra essere utilizzato per alimentare queste vere e proprie milizie.
C’è possibilità di lasciare l’Iran o le frontiere sono chiuse?
Mahnaz– Il regime, ufficialmente, non trattiene a parte le persone che sono sotto controllo perché segnalate… Ciò che ferisce è che i visti sono difficili da ottenere perché c’è una grande difficoltà per le persone iraniane comuni ad essere accettati in Europa o America. Molti giovani iraniani vorrebbero lasciare l’Iran perché la vita è insostenibile ma non riescono. Sta crescendo in Europa una forte tendenza nazionalista e si vede nell’immigrato solo un problema e questo non aiuta chi vuole cambiare vita.
Il regime non trattiene dite…si assiste ad un adattamento secondo voi?
Sanaz- Ora le proteste di massa sono diminuite ma sono aumentate quelle individuali. Per esempio le donne non indossano il velo, i ragazzi si riuniscono per cantare in piazza. Le proteste continuano e il governo è impaurito; stanno esprimendo una ferocia ai massimi livelli e, quindi, la popolazione cerca di sopravvivere. Ci sono stati più di 22.000 arresti e la comunità internazionale ha abbandonato il popolo iraniano.
Il reperimento di questi dati è possibile attraverso la fuga di notizie clandestine oppure grazie a organizzazioni umanitarie quali Human Rights for Iran che forniscono dati economici e sociali molto drammatici.
Qual’è la situazione sociale e economica dell’Iran?
Mahnaz- Il poco denaro che c’è in Iran sembra essere speso nelle guerre limitrofe, per esempio in Siria. È molto frequente sentire notizie di frodi fiscali con capitali all’estero da figli di funzionari governativi iraniani. L’economia sta soffrendo da tempo e negli ultimi anni l’inflazione è aumentata del 800% e il valore della moneta è crollata con i prezzi aumentati e i cittadini che non riescono a vivere dignitosamente.
Cosa vorreste chiedere al governo e alla comunità internazionale?
Mahnaz- Chiediamo che vengano inviati dei delegati, anche tramite associazioni umanitarie, nelle carceri o durante i processi per controllare che vengano svolti con correttezza. Non chiediamo interventi che, sappiamo, essere impossibili. C’è una serie di suicidi sospetti che avvengono subito dopo prigionie più o meno lunghe: voci diffuse parlano di pillole somministrate in modo forzato nelle carceri con conseguenze sospette: da arresti cardiaci ad atteggiamenti di isteria. Abbiamo constatato che quando l’attenzione della comunità internazionale è alta loro si sentono messi all’angolo e rallentano le esecuzioni. Per noi questo prendere tempo è fondamentale.
Cosa state organizzando nell’immediato?
Gissu- Vorremmo ricordare la morte di Amini con una manifestazione nazionale, a Settembre, davanti l’ambasciata iraniana. Questo a livello nazionale. Per celebrare la libertà che non deve più essere solo un ricordo.
Il problema in Iran è tutt’altro che risolto, le esecuzioni sommarie e le incarcerazioni non sono cessate. Donna, Vita, Libertà si sta battendo per far cessare queste esecuzioni e far liberare i prigionieri. La comunità internazionale ha l’obbligo morale di appoggiare questo dissenso e queste lotte di libertà, non lasciando gli iraniani soli. Solo con la pressione collettiva dei popoli si può sperare di fermare tutto questo.
[1] https://www.proposte-uils.it/senza-voce-un-appello-dalliran/ per un ulteriore approfondimento sul tema presente in una uscita precedente nel nostro periodico.