Italia, un sistema sanitario multilivello con un futuro incerto
Diritto alla salute e economia
Ultima parte: dai “conti in ordine” alla sanità “post-pandemia”.
L’esplosione pandemica con le tragiche conseguenze in termini di perdite di vite umane, le misure adottate per farvi fronte e la connessa crisi economica e finanziaria hanno posto i singoli paesi membri e l’Europa di fronte all’esigenza di mettere in atto ed accettare una deviazione temporanea dagli obiettivi finanziari prefissati, secondo quanto previsto dal “Fiscal Compact” per i casi d’emergenza. L’Unione Europea ha messo in campo misure straordinarie per il sostegno alla ripresa e questo è sembrato un segno del mutare dei tempi. Nel momento in cui si scrive, si sta discutendo in sede europea una riforma del Patto di stabilità e degli stessi Trattati europei. Non ci occuperemo in questa sede di questi aspetti né di quelli legati alla crisi delle materie prime, ai conflitti bellici, all’introduzione del c. d. regionalismo differenziato in quanto concorrono in misura minore a chiarire il nesso tra l’attuale condizione del sistema sanitario nazionale e le scelte di politica economica e di finanza pubblica sin qui adottate. In riferimento a queste ultime, tenuto conto che l’Italia così come gli altri paesi dell’area euro, con la transizione alla moneta unica non ha più potuto fare affidamento sulla regola del cambio per contrastare le fasi cicliche avverse ed è stata dunque “costretta” a conseguire cospicui avanzi primari per far convergere il rapporto debito pubblico/PIL nel rispetto della regola del pareggio di bilancio, è possibile concludere che, stante la bassa crescita del PIL registrata nel corso del decennio 2010 – 2019, sia le Regioni che i governi hanno concorso a diminuire le risorse destinate al settore sanitario. Appare, altresì, chiaro come il nuovo sistema di finanziamento della sanità basato su costi standard abbia costituito la base per l’attuazione dei predetti ridimensionamenti al budget per la spesa sanitaria.
Oggi la spesa sanitaria è tenuta sotto controllo grazie a un modello burocratico che vede al vertice istituzioni e regole europee.
Nell’epoca pre-covid ciò ha consentito di salvaguardare i conti pubblici in un periodo di declino, ma un futuro incerto bussa alle porte e può mettere in discussione questo paradigma.
Possiamo affermare che il percorso seguito sino al 2020 nella direzione del federalismo fiscale ha avuto due importanti conseguenze sulla sanità, la prima è stata la creazione di un Sistema Sanitario Nazionale multilivello, che può essere anche definito come l’insieme di 20 diversi sistemi sanitari; la seconda è stata il controllo multilivello (enti decentrati – Stato – Europa) della spesa sanitaria in un periodo lungo caratterizzato da stabilità, ma anche da una crescita economica così scarsa da configurarsi come un sostanziale declino. Poiché la situazione di debolezza politica venutasi a creare a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 aveva prodotto governi che non avrebbero avuto il consenso e la forza necessaria per frenare l’indebitamento, è ragionevole ritenere che la gestione regionale della spesa sanitaria nell’osservanza dei vincoli esterni abbia impedito un grave depauperamento delle finanza pubbliche, distogliendo le responsabilità politiche dai governi centrali. La rigidità dei vincoli europei tuttavia ha fatto sì, da un lato, che in un lungo periodo di crescita insufficiente i governi riducessero la spesa per raggiungere i parametri di convergenza anche attraverso l’abbassamento del “fabbisogno sanitario nazionale standard”, dall’altro, che essi introducessero il principio secondo cui in mancanza di copertura finanziaria le prestazioni possono anche essere poste a totale carico dell’assistito. Certo è che sono molteplici gli spunti di riflessione sul contrasto irrisolto tra i principi espressi dagli articoli 32, 117 c. 2, lett. m) e 120 della Costituzione e dalla l. n. 833/1978, i quali contengono precetti morali in senso lato e garanzie del raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni, in confronto al dettato dell’art. 13 del d.lgs. n.68/2011: “Nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria, nonché della specifica cornice finanziaria dei settori interessati relativa al finanziamento dei rispettivi fabbisogni standard nazionali, la legge statale stabilisce le modalità di determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale [….]” che pospone il “fabbisogno sanitario nazionale standard” da determinarsi con legge statale, al rispetto dei vincoli comunitari ai quali anche le Regioni sono tenute ad attenersi. Emerge il tema della ricerca dell’equilibrio fra gli imperativi dello Stato sociale e i vincoli della finanza pubblica. E’ doveroso domandarsi, ad esempio, se la strada che stiamo percorrendo sia la migliore in assoluto a partire dalla fatto che i criteri di determinazione dei costi standard non sono esenti da perplessità essendo basati esclusivamente sulla popolazione senza legare direttamente i Livelli Essenziali di Assistenza ai fabbisogni. D’altra parte è lecito, in una prospettiva futura, porsi anche una domanda sul significato e valore intrinseco dell’equilibrio economico, il quale non necessariamente coincide con un livello ottimale di spesa.