Per combattere la violenza sulle donne iniziative sia per le donne sia per gli uomini
La lotta alla violenza passa attraverso gli aiuti attivati a livello locale
Grazie ad una legge della Regione Lazio, l’associazione Ponte Donna ha potuto portare avanti progetti innovativi.
Quando si analizza il fenomeno della violenza sulle donne, si parla poco dei progetti avviati per dare soluzioni o che offrono un aiuto concreto, come ad esempio, il numero antiviolenza 1522, i centri antiviolenza e le case rifugio.
A questi si aggiungono attività meno conosciute, ma non per questo meno efficaci. Sono progetti che si rivolgono sia alle donne che subiscono violenza sia agli uomini maltrattanti. Per capire meglio come funzionano questi aiuti, abbiamo parlato con Carla Centioni, presidente dell’associazione Ponte Donna. Nata nel 2008 con sede ad Ariccia, operativa in vari territori del Lazio, l’associazione ha l’obiettivo di contrastare la violenza maschile sulle donne. Nel corso degli anni, Ponte Donna ha gestito a Valmontone la Ginestra, ovvero un Centro provinciale per donne e minori in difficoltà e vittime di violenza. A Nettuno, invece, coordina le attività del Centro Antiviolenza dedicato a Marielle Franco, politica e attivista brasiliana. Marielle ha presieduto il Comitato delle donne del Consiglio comunale di Rio de Janeiro ed è stata impegnata nella difesa dei diritti umani. È stata assassinata la sera del 14 marzo 2018.
Ponte Donna, insieme ad altre associazioni, ha partecipato alla costruzione dal basso della legge di contrasto alla violenza della Regione Lazio approvata nel 2014. Carla Centioni ha commentato così la legge: «È un esempio di buona politica; rappresenta una delle migliori leggi regionali ed è la prima del suo genere ad essere stata emanata. Altre regioni hanno preso spunto e poi seguito l’esempio della Regione Lazio». A distanza di anni la legge viene applicata, ha sottolineato, e alcuni articoli, in rispetto della Convenzione di Istanbul, dimostrano la loro efficacia e innovazione. La presidente, inoltre, ha commentato l’articolo che norma le case di semiautonomia e i programmi di recupero per uomini maltrattanti.
Carla Centioni, riguardo le case di semiautonomia, ha spiegato: «Rappresentano un secondo step, dopo le case rifugio e la messa in sicurezza. Le possono utilizzare le donne che non sono ancora del tutto autonome economicamente, condividendo insieme un’abitazione e usufruendo gratuitamente delle utenze e dell’affitto. In questo modo si avvia un secondo percorso, che non riguarda la sola messa in sicurezza, ma un reale reinserimento socio-lavorativo della donna».
Il raggiungimento dell’indipendenza della donna che subisce violenza viene facilitato anche dal Contributo di Libertà, un progetto sperimentale che la Regione Lazio ha avviato in questo ultimo anno. Carla Centioni evidenzia il carattere innovativo del contributo e afferma: «È la prima volta che viene istituito un contributo che è direttamente corrisposto alla donna. Fuori da canoni paternalisti, finalmente, si restituisce alla donna la dignità di essere un soggetto capace di autodeterminarsi». Ha poi continuato, descrivendo il funzionamento del contributo di libertà: «Si tratta di cinquemila euro che le donne possono utilizzare, per esempio, per anticipare la caparra di affitto di una casa. Il contributo è stato utilizzato durante la quarantena per l’acquisto dei mezzi tecnologici indispensabili per la DAD (didattica a distanza) dei figli. Per usufruire del contributo, l’associazione deve presentare una relazione della donna alla Regione Lazio. Successivamente, inviare una rendicontazione di come sono stati utilizzati i soldi».
Per combattere il fenomeno della violenza, bisogna agire anche sugli uomini. Questo ragionamento guida i programmi di recupero delle persone maltrattanti. Carla Centioni ci ha parlato di come si è arrivati a tale iniziativa: «È stato un progetto pensato nei centri antiviolenza dove abbiamo notato i bisogni e le problematiche, ancor prima che le stesse arrivino alle istituzioni. Ci siamo rese conto che c’erano bambini che volevano rivedere i papà e abbiamo deciso che le richieste di quei bambini andavano ascoltate. Padri maltrattanti, inadeguati, carenti nel far fronte ai bisogni dei figli; ci siamo interrogate e ci siamo dette: le donne prendono decisioni, si allontanano, si separano, decidono di non vedere più i loro aguzzini, i bambini no, quel padre sarà sempre il loro padre. Per questo motivo abbiamo iniziato a lavorare con gli uomini maltrattanti aprendo prima uno Spazio di Ascolto, successivamente entrando in carcere a Rebibbia e Regina Coeli. L’ obiettivo è quello di farli riflettere, soprattutto far nascere in loro il dubbio sul modo di concepire le relazioni, arrivare a comprendere il danno arrecato. La violenza è la conseguenza di una carenza culturale e non un problema di patologia come spesso tentano di farci credere. Chi violenta e maltratta, ha un pensiero patriarcale di concepire le relazioni, un senso di possesso sulla donna. Inizialmente il lavoro sugli uomini maltrattanti veniva effettuato presso sportelli di ascolto, ma gli uomini che partecipavano erano pochi. Si è pensato allora di andare a prendere gli uomini lì dove stanno scontando la loro pena, ossia nelle carceri». L’associazione Ponte Donna da cinque anni lavora nel Carcere di Regina Coeli e da tre in quello di Rebibbia. Nel 2014 nasce come progetto sperimentale finanziato dall’ otto per mille della chiesa valdese, poi nel 2015 vince un bando della Regione Lazio di contrasto alla violenza.
In questi ultimi anni, l’associazione ha portato avanti l’iniziativa “Ri/Costruiamo Kobane – la Casa delle Donne”. Quest’ultima si trova nel cantone della regione del Rojava, Kurdistan siriano, ed è stata distrutta dall’ Isis. Come si legge sul sito web di Ponte Donna, l’obiettivo del progetto è creare «un luogo d’incontri internazionali rivolto a tutte le donne del mondo, dove poter mettere in comune le idee […] fare impresa al femminile, sperimentare buone prassi di genere, migliorare la salute delle donne». Ponte Donna, inoltre, insieme all’associazione FEM Fundacion Entre Mujeres, con l’iniziativa “Generamos Solidariedad, sostiene le donne campesinos del Nicaragua. Lo scopo è quello di far raggiungere alle donne l’autonomia economica attraverso lo sviluppo di cooperative di coltivatrici dirette.