Riders, verso una svolta del food delivery?
Tavolo di concertazione al Ministro del Lavoro
Firmato il contratto tra Assodelivery e Ugl, ma rimangono molte criticità
“Compenso di dieci euro per ogni ora lavorata, indennità in caso di maltempo, festività e lavoro notturno. Inoltre, bonus di 600 euro ogni duemila consegne effettuate, dotazioni di sicurezza gratuite, obbligo di formazione professionale e copertura assicurativa, divieto di discriminazione, pari opportunità, rispetto della privacy e diritti sindacali”. Sono queste le condizioni fissate nel contratto siglato Assodelivery e Ugl lo scorso 16 settembre che recepisce, come afferma il segretario di Ugl Paolo Capone, quanto stabilito dal Governo col Decreto Rider. Una svolta per il food delivery, diffuso da anni in Italia e riconosciuto solo in questi ultimi mesi con l’emergenza Covid-19, che ha indotto gli italiani a ricorrere alla consegna a domicilio non potendo consumare direttamente nei ristoranti e pizzerie.
A oggi, infatti, il digital food delivery rappresenta il 20-25% degli acquisti online in crescita, rispetto al 18% del 2019 e Just Eat Italia, in particolare, ha registrato il 30% in più dei ristoranti inseriti sulla piattaforma. È possibile affermare, dunque, che negli ultimi mesi i siti di consegna a domicilio come Just Eat, Deliveroo, Glovo, Uber Eats, per citarne alcuni, abbiano intensificato il loro servizio in una condizione nella quale la consumazione sul posto era ed è impossibile viste le restrizioni emanate dal Governo in materia di ristorazione. Ma qual è il prezzo da pagare per le migliaia di consegne giornaliere da un lato all’altro delle città con un mezzo di trasporto quale la bici? Quali sono le condizioni di lavoro dei riders? Qual è la paga mensile? Ma soprattutto quale forma di contratto di lavoro stipulano con le aziende per le quali lavorano?
Abbiamo chiesto al segretario di UGL (Unione Generale Lavoro), Francesco Paolo Capone, maggiori delucidazioni rispetto questi quesiti, specie a seguito della firma del contratto e della convocazione al tavolo da parte del Ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, in materia di regolarizzazione e tutela di questa categoria di lavoratori. Oggetto della riunione, l’attuazione del Decreto Riders, pubblicato in Gazzetta lo scorso 2 novembre, e l’applicazione del contratto nazionale del lavoro di logistica, merci e trasporti alla categoria dei ciclofattorini.
Ci sono state proteste contro questo contratto, definito illegittimo per certi aspetti. Cosa si può dire a proposito di queste criticità?
“L’Ugl ha ascoltato le richieste dei riders e ha avviato un confronto con le parti datoriali definendo una regolamentazione che per la prima volta in Europa attribuisce diritti esigibili a una categoria di lavoratori autonomi finora dimenticata. Al di là delle polemiche strumentali e ideologiche, sono gli stessi riders che chiedono di mantenere la flessibilità tipica di tale professione in quanto consente loro di decidere non solo quando, quanto, dove e come collaborare, ma anche se rifiutare o meno una richiesta di consegna. Per prevenire il rischio sfruttamento dei lavoratori abbiamo ottenuto l’impegno delle parti datoriali di avviare iniziative concrete volte a contrastare il fenomeno del caporalato. Un esempio che va in tale direzione è il Protocollo firmato tra i sindacati e le imprese, con il coordinamento della Prefettura di Milano, al fine di contrastare i fenomeni di caporalato, di intermediazione illecita e di sfruttamento lavorativo nel settore del food delivery”.
È stato convocato un tavolo con il Ministero del lavoro lo scorso 11 novembre. Cosa è stato deciso?
“L’incontro dell’11 novembre scorso rappresenta un primo passo positivo. In quella sede si sono registrate aperture al dialogo espresse da altre organizzazioni sindacali. In effetti, il CCNL firmato a settembre scorso tra UGL e Assodelivery rappresenta un punto fermo rispetto l’affermazione dei diritti dei lavoratori in un settore molto spesso caratterizzato dallo sfruttamento legato alla pratica del caporalato”.
È da diversi anni che esiste l’attività della consegna a domicilio tramite piattaforme come Deliveroo, Gloovo, Just Eat ecc. Per quale ragione non è stato pensato fin dall’inizio un contratto a tutela di questo settore e solo ora il tema è particolarmente sensibile?
“A dire il vero il sindacato che rappresento, già da qualche tempo, si sta ponendo il problema di introdurre tutele adeguate per i lavoratori impiegati nella c.d. gig economy. Nel caso dei riders non ci troviamo solo di fronte a diritti negati, ma il vero problema è quello di inquadrare questo tipo di lavoro in una cornice che è quella del lavoro autonomo, come tra l’altro desidera la maggior parte degli stessi. E’, dunque, inaccettabile che in un Paese civile questa categoria non abbia ancora una precisa inquadratura contrattuale. Per tale ragione, la firma del CCNL rappresenta un traguardo storico per l’intera categoria dei lavoratori del settore del food delivery e fa da apripista per una consistente espansione dei diritti anche in altri settori, primo fra tutti quello dell’assistenza domiciliare alla persona”.
Parole rassicuranti quelle di Capone che riconosce gli aspetti irregolari di questo lavoro ma, allo stesso tempo, la difficoltà nell’inquadramento in quanto sono gli stessi rider a richiedere meno tutele. Abbiamo, a questo proposito, sentito alcuni ciclofattorini per far emergere il loro punto di vista a riguardo e farci raccontare la funzionalità del lavoro. Michael e Mauro lavorano nel settore da alcuni anni, entrambi per arrotondare lo stipendio. Ci spiegano che per entrare nel team è sufficiente compilare un modulo online con i propri dati personali e nel giro di 60 giorni la piattaforma dà la conferma per poter iniziare a lavorare, dopo la firma di un contratto telematico (a detta di Michael “il 99% dei riders, me compreso, non legge neanche”). Una volta inviato a casa il kit da lavoro è possibile scaricare l’app riders per ricevere gli ordini. Da qui inizia il lavoro. Orari flessibili, a discrezione del rider, consegne con la macchina o con la bicicletta, a spese del rider, e una gara a chi consegna di più. Il rider Mauro sostiene che “Chi decide chi lavora è chi no è un algoritmo il quale elabora dati che calcolano quanto può impiegare un rider per la consegna. Capita spesso che molti riders stiano fermi mentre altri lavorino in quanto viene avvantaggiato chi fa più consegne, specie gli automuniti”. Con questo meccanismo è inevitabile il lavoro a cottimo e la paga oraria rimane solo un’utopia che ogni riders deve costruirsi da solo con la speranza di ottenere quante più consegne possibili. “Con l’avvento del free login”, ovvero ogni rider entra nella piattaforma liberamente, spiega Mauro, “Si è praticamente tolta ogni speranza ai bike riders scatenando una guerra tra poveri”. Ma, alla mia domanda sulla contrattualizzazione del lavoro, ci sono opinioni contrastanti: da un lato Michael sostiene di non voler un contratto alle loro condizioni “contratto o meno non mi interessa, per me è un secondo lavoro”, mentre Mauro sostiene che “Adesso i bike riders sono numeri nelle mani di delle aziende”. A loro non importa dei lavoratori e delle loro condizioni, ma degli obiettivi finali, le consegne.
Uno scenario che fa dibattere non solo i piani alti e che lascia in sospeso molti quesiti: da un lato contrattualizzare i lavoratori, compresi gli stranieri, potrebbe mettere in difficoltà la loro condizione e permanenza in Italia, ma anche gli stessi italiani che possiedono già un lavoro dovrebbero versare più tasse. Dall’altro lato, però, si pensa all’essenza del lavoro, ai valori dichiarati dalla Costituzione, che difendono i diritti e le tutele di qualsiasi lavoratore. Bisogna decidere se considerare questo impiego come un lavoro accessorio con vantaggi e svantaggi per entrambe le parti, oppure se trasformarlo in una vera e propria attività e opportunità per i lavoratori che già ne fanno parte, continuando a integrarli ma, allo stesso tempo, tutelarli.