Dimenticati nel Sottosuolo
Sedicimila persone senza fissa dimora solo a Roma, come riportato nell’ultimo aggiornamento ISTAT.
Sedicimila persone dimenticate nel sottosuolo … Ma cos’è questo sottosuolo?
Fedor Dostoevskij ne parla come “negazione, come distruzione delle abitudini sociali cristallizzate, come disarmonia radicale tra ciò che è intimo e informe e ciò che ha smercio sociale. Questa disarmonia aumenta nell’uomo una perpetua e morbosa irritabilità, un costante senso di irrequietezza e di risentimento”.
Sviscerando l’argomento
Molte di loro, umiliate dalla durezza della vita, finiscono irrimediabilmente in questo infermo, spesso dimenticate, a meno che un loro debole tentativo di risalire verso la luce non rechi disturbo alla quiete pubblica.
Il Parlamento Europeo ha parlato della questione dei senza fissa dimora come di una“delle forme più gravi di povertà e deprivazione che deve essere abolita mediante politiche mirate e integrate”.
Tra i tentativi adottati per prevenire le cause del disagio sociale e mentale dei senza tetto si segnalano soprattutto gli interventi delle associazioni di volontariato territoriali.
Tra le tante la Caritas Diocesana che, operando tramite le parrocchie offre una copertura capillare del territorio. Cosi come la Caritas, tante altre associazioni provvedono volontariamente a dare sostegno a queste persone, intervenendo sul campo o meglio sulla strada.
Chi e come si occupano di loro
Dietro ai senza tetto, che noi chiamiamo, non senza un po’ di disprezzo “barboni”, ci sono storie di droga, di abusi, di sofferenze represse nonché di disagio mentale.
Su queste ultimi, ad oggi non esistono statistiche.
Le associazioni, che con i loro volontari aiutano i senza tetto, stanno cercando di capire quali siano quelli con problematiche psichiatriche in modo da poterli indirizzare ai dipartimenti di salute mentale e poter attuare insieme protocolli di sostegno.
Gli interventi avvengono sulla base di una segnalazione da parte di terzi, dato che un individuo SFD (senza fissa dimora) con problemi psichiatrici raramente si auto segnala. I volontari intervengono sul posto, cercando di capire i motivi della segnalazione, che spesso è dovuta aun disturbo arrecato alla quiete pubblica, con deliri o scarsa igiene personale. Ci si accorge di loro solo quando disturbano la nostra tranquillità. È qui che entrano in gioco i servizi territoriali.
Disagi sociali e mentali che vanno curati
È bene ricordare che molto spesso gli individui con problemi di salute mentale non si riconoscono come tali e pertanto un intervento di sostegno da parte dei DSM (Dipartimenti di Salute Mentale) va a cozzare molte volte con la libertà dell’individuo di accettare di essere curato.
Inoltre le istituzioni e le associazioni operanti a livello territoriale devono spesso far fronte a numerose richieste di intervento per pazienti che presentano patologie psichiatriche più o meno gravi, avendo a disposizione scarse risorse e poco personale.
Il paziente che riconosce un disagio mentale e accetta volontariamente di essere curato può essere preso in cura dal DSM di residenza e iniziare un eventuale percorso riabilitativo, che si attua attraverso due modalità che tuttavia presentano alcune criticità.
La prima modalità è quella della segnalazione di terzi. A seconda della gravità della situazione, è possibile avviare un percorso di riabilitazione che consiste in una prima fase conoscitiva del paziente, tramite consulto psichiatrico in cui si valuta se il disagio del SFD è sociale o mentale. In questa fase il dialogo con il paziente è essenziale per poter capire se è disposto a farsi aiutare o meno ed intervenire di conseguenza. Una volta appurata la patologia, si procede alla cura vera e propria.
La seconda modalità è il cosiddetto TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) che è uno strumento che può essere applicato qualora il paziente si configuri come un pericolo per la propria incolumità o quella dei cittadini.
Generalmente i senza tetto psichiatrici non presentano questo tipo di rischio in maniera preoccupante per l’ordine pubblico.
La loro problematica infatti è riconducibile in molti casi a situazioni di estrema povertà e miseria.
Disagio mentale vs Disagio sociale
È utile in questo senso fare una distinzione tra Disagio Mentale e Disagio Sociale.
Nel primo caso si intende una condizione patologica che colpisce la sfera comportamentale cognitiva e relazionale, mentre nel secondo s’intende una carenza di mezzi di sussitenza materiale e un’inadeguatezza dell’individuo rispetto al sistema sociale.
L’intervento riabilitativo per il disagio sociale è a cura dell’Assistenza Sociale la quale si occupa di fornire supporto a quegli individui psichiatrici che hanno problematiche sociali abitative come ad esempio provvedere alloggi notturni o una soluzione abitativa. Inoltre si occupa di seguire queste persone sul campo, monitorando la loro “nuova” vita sociale.
La sfera del disagio mentale invece è di competenza del medico psichiatra.
L’intervento di quest’ultimo è limitato alla volontà dell’individuo.
Un lieto fine che non esiste
In conclusione, per quanto siano molteplici gli interventi e le iniziative per poter reintegrare nella società le persone senza fissa dimora con problemi mentali, ad oggi la loro “fissa dimora” consiste in un posto buio e sporco ai confini del mondo di superficie. L’emarginazione sociale è un argomento che riguarda tutti noi e anche se facciamo finta di non vederli i senza tetto fanno parte del tessuto sociale e meritano attenzione e solidarietà.
“Annullate i miei desideri, cancellate i miei ideali, mostratemi qualcosa di meglio e io vi andrò dietro. Magari direte che non mette conto nemmeno di legarsi; ma in tal caso io posso rispondervi allo stesso modo. Noi ragioniamo seriamente; e se non mi volete degnare della vostra attenzione, non vi farò certo degli inchini. Io ho il sottosuolo” (Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij)