Conflitto russo-ucraino, fino ad ora

Conflitto russo-ucraino, fino ad ora

Zelensky continua a girare il mondo in cerca di sostegno e di finanziamenti per resistere in una guerra che, ormai, sembra essere in uno stallo molto pericoloso

In attesa di capire come si posizionerà il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America nei confronti del conflitto russo-ucraino, il popolo ucraino continua a sopravvivere in mezzo alle bombe e alle macerie sperando di non essere abbandonato

Il conflitto russo-ucraino non si ferma ma si è certamente ridimensionato dal punto di vista mediatico; con il passare dei mesi e, soprattutto, dopo l’attacco di Hamas al Festival Nova l’opinione pubblica è stata (di buon grado) dirottata verso un altro conflitto.

Da quel lontano febbraio 2022, però, in Ucraina si continua a combattere ed il presidente Volodymyr Zelensky è sempre presente – personalmente o in collegamento – con l’intento di promuovere la causa di libertà del proprio popolo e cercare di mantenere costante lo sguardo dell’Occidente sul suo territorio.

Le ultime notizie (che allarmano gli addetti ai lavori) sembrano essere orientate verso un presunto utilizzo di soldati nordcoreani (definiti dagli esperti di geopolitica come “carne da cannone”) in supporto all’esercito russo e tutto ciò mentre lo stesso Zelensky ha dichiarato di pensare l’Ucraina, ormai, in due modi: se da un lato non si può assolutamente prescindere dal continuare il conflitto difensivo contro le truppe di Putin, dall’altro lato la sua Nazione sta sviluppando un piano per rafforzare il Paese in ambito economico, informatico e militare.

Preoccupa, invece, la posizione che lo stesso presidente Zelensky ha avuto nei confronti del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. L’ucraino sembrerebbe, infatti, aver rifiutato di incontrare, a Kiev, Guterres giustificando il gesto con l’incontro precedente tenutosi tra quest’ultimo ed il presidente russo Putin, a Kazan, durante il vertice BRICS. Il presidente ucraino sa molto bene che questo potrebbe portare ad un allentamento del supporto (in termini di aiuti e, soprattutto, armi) da parte dei Paesi Nato ma non ha voluto far passare inosservato il disappunto nei confronti dell’incontro con il leader invasore russo.

Da quel lontano febbraio 2014, abbiamo assistito a continue offensive sovietiche nelle aeree del Donbass e della Crimea che (entrambi questi territori) avevano dichiarato, de facto, una sorta di indipendenza trasformatasi, ufficialmente, in una guerra vera e propria con l’invasione via terra dei cingolati di Putin nel febbraio 2022. Proprio questa ultima barriera, caduta con il passaggio dell’esercito sovietico in territorio ucraino, ha sancito l’ingresso dei due eserciti nel conflitto.

Lo scontro a fuoco è tendenzialmente rimasto stabile nonostante una continua alternanza tra le parti; dove, per ogni traguardo raggiunto dal fronte russo (come l’aver conquistato Pokrovsk, città della zona sud-orientale dell’Ucraina) si ha, di rimando, una contromossa ucraina: a Kherson, per esempio, gli ucraini sarebbero riusciti a ricacciare le truppe russe in ben cinque assalti. Questi esempi mostrano il continuo tira e molla tra le parti che ha come unico, ed ultimo, risultato la perdita di vite umane su ambo gli schieramenti e la distruzione di un ecosistema.

Una guerra che appare sempre più come di logoramento (essendo del tutto sfumata l’idea di una guerra lampo vinta dall’esercito di Putin). Certo è che – ad oggi – gli ucraini e il Presidente Zelensky farebbero sempre più fatica a contenere l’esercito invasore e a raccogliere fondi e consensi perché il vero rischio è proprio che l’opinione pubblica mondiale si sia “stancata” di sentir parlare di Russia e di Ucraina anche perché distratti dall’altro conflitto tra Israele, Palestina ed ora, a quanto pare, Iran.

an illustration of the flags of Ukraine and Russia separated by a crack – conflict or comparison

Altri tasselli da aggiungere in questo quadro politico molto instabile sono state le votazioni in Moldavia per il referendum di adesione all’Unione Europea, nel quale ha vinto – con poco più di 11.000 firme (davvero una vittoria risicata, ma significativa) – il fronte del Sì e la vittoria in Georgia del Partito di Governo nazionale, che è allineato alla politica russa. Il primo scenario (quello moldavo) mostrerebbe una prudente opposizione al nemico Putin che, invece, ha incassato l’appoggio del 54,08% della popolazione georgiana.

Ultimo passaggio geopolitico da considerare sarà il risultato delle prossime elezioni americane del 5 novembre che produrrebbe due ipotetici scenari: mentre Trump – da un lato – promette la fine di entrambi i conflitti (anche se viene additato di essere “al soldo” dello “zar” Putin), diversa sarebbe la politica internazionale di Kamala Harris che appare molto più pragmatica e moderata.

L’Ucraina, insomma, oltre a vivere un conflitto devastante (sia dal punto di vista delle vittime che della devastazione territoriale) ha anche l’obbligo di mostrare una certa accondiscendenza verso i Paesi occidentali anche per via delle prossime elezioni che provocheranno, inevitabilmente, diverse strategie di politica internazionale.

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Ludovica Cassano