Cultura nelle mani di chi

Cultura nelle mani di chi

Lo spettacolo dal vivo chiede maggiori tutele

Il direttore d’orchestra Guido Maria Guida racconta le difficoltà dei lavoratori dello spettacolo

 

“Prendi l’arte e mettila da parte” non è mai stato così attuale come in questo periodo in cui il Covid-19 ha costretto tutta Italia, in particolar modo i lavoratori, a sospendere le loro attività. Un settore nello specifico, lo spettacolo dal vivo, sta soffrendo maggiormente questa condizione, in quanto è stato il primo a interrompere le programmazioni e l’ultimo a riprenderle. Nonostante le riaperture di teatri e cinema lo scorso 15 giugno, molti sono gli enti e le associazioni che hanno lasciato le sale spoglie di pubblico e i palcoscenici vuoti. Artisti, produzione, comunicazione, botteghino e tecnici sono solo alcune delle persone fisiche direttamente colpite da questa situazione di stallo. Ma quanto il Governo sta supportando questo settore?

Il coordinamento delle realtà della scena contemporanea (C.r.e.s.c.o), ente che si occupa di gestire, promuovere e tutelare lo sviluppo dello spettacolo dl vivo, con una lettera aperta, chiede al Governo risposte concrete per superare la crisi dei lavoratori dello spettacolo con un progetto pensato per auspicare che l’emergenza sanitaria Covid-19 sia l’occasione per mettere in luce un sistema che ha bisogno di regole e tutele proprie, attraverso uno statuto dei lavoratori dello spettacolo.

Un settore, quello dello spettacolo dal vivo, che sta cercando di risollevarsi attraverso proposte alternative, come piattaforme a pagamento per gli spettacoli e concerti, riempimento delle sale rispettando il distanziamento sociale ed eventi organizzati all’aperto. Quello che rimane in sospeso, tuttavia, è la fitta schiera di figure professionali in bilico a causa dell’incertezza sulle tempistiche di ripresa delle programmazioni. Un problema tanto tecnico quanto emotivo, che include sia i lavoratori, sia i fruitori.

Turismo e attività culturali - Paola Sireci - Cultura nelle mani di chi

“Come fanno le orchestre a suonare? Come possono i cori cantare? Come possono i cantanti d’opera fare il loro lavoro? Come si fa a ridurre drasticamente la presenza del pubblico, sulla cui presenza si basano la produttività e i ricavi di orchestre, teatri, enti musicali?” Sono queste le domande che pone Guido Maria Guido, direttore d’orchestra torinese e direttore artistico dell’Accademia Corale Stefano Tempia di Torino.

Come sta influendo la lunga pausa lavorativa, dovuta dalla pandemia, per un Direttore d’Orchestra?

La pandemia e la conseguente cancellazione delle attività musicali in tutto il mondo hanno comportato un serio danno alla vita artistica di migliaia di musicisti. Personalmente mi è capitato di dover posticipare alcune produzioni sinfoniche che avrei dovuto dirigere in maggio all’estero. Rinunciare a proposte di lavoro è drammatico, tuttavia ho dei progetti in programma a partire dal prossimo settembre, sia in Messico che in Giappone; uno, particolarmente, mi sta a cuore, ossia l’esecuzione del Triplo Concerto di Beethoven con i miei figli Gianluca e Lorenzo e con il violinista torinese Marco Norzi. Il progetto è perfettamente programmato nel dettaglio, però sussiste una forte incertezza. Perdere una simile occasione costituirebbe un grande dolore!

Il Governo ha stanziato 600 euro mensili per i lavoratori dello spettacolo. Lei cosa pensa, dato che collabora con molti artisti?

Sicuramente l’Italia è uno dei paesi che maggiormente soffre della crisi derivata dalla pandemia. Con tutte le incertezze, gli errori e gli eventuali disservizi, ammiro e apprezzo lo sforzo che il Governo ha cercato di fare stanziando tale contributo di “emergenza” pari a 600 euro, non solo per i lavoratori precari dello spettacolo, bensì anche per i possessori di partita IVA. Però mi chiedo: veramente tutti i lavoratori dello spettacolo potranno percepire il contributo? Al giorno d’oggi 600 euro per sopravvivere sono pochissimi, tuttavia l’aiuto governativo non è trascurabile e nessuna persona con un bilancio normale o ridotto potrebbe rinunciare ad un aiuto economico in questa situazione. Piuttosto, credo che il problema sia un altro.

Cioè?

Il problema, al di là di una misura assistenziale giusta seppur modesta, consiste nel capire come verrà rilanciato il settore musicale e artistico, che tanta importanza ha e deve avere non solo in Italia ma in tutto il mondo avanzato. La gravità della situazione nel campo dello spettacolo è derivata proprio dalla peculiarità della nostra attività, che difficilmente può realizzarsi con le misure di distanziamento sociale, prevenzione e contenimento che vengono giustamente imposte. In una visione ampia della realtà musicale, specialmente italiana, la situazione è drammatica in quanto nelle varie istituzioni lavorano molti giovani musicisti di talento precari, neolaureati presso i vari conservatori che purtroppo non hanno e non avranno per lungo tempo la certezza di un lavoro stabile. Vivono di un lavoro sporadico, ora brutalmente interrotto dall’emergenza Covid-19. Si parla tanto nei quotidiani e nei telegiornali dell’emergenza lavoro in generale, ma sarebbe bene non dimenticare che tale emergenza in campo musicale, teatrale e artistico può essere letale.

 

I musicisti hanno attivato una sorta di smart working o lavoro alternativo?

Nella loro stranezza surreale e drammaticità le giornate, specialmente nel periodo del lockdown, si sono svolte con un ritmo di studio intenso. La sospensione dalla vita usuale ha permesso a noi musicisti una concentrazione massima, uno studio coerente e ben articolato. Il silenzio delle città ha permesso di riscoprire i valori più intimi e profondi della musica. Lo smart working è stato attivato da noi insegnanti di conservatorio sviluppando la didattica a distanza così come è stato fatto nelle scuole e nelle università. Accanto alla positiva realtà che la tecnologia ci offre si delinea, però, un aspetto problematico: noi musicisti, insegnanti e allievi, abbiamo bisogno di curare la qualità del suono che emettiamo, cosa impossibile con la trasmissione attraverso videoconferenza. Voglio sottolineare una mia osservazione. Premetto che molte varietà di insegnamento di conservatorio si svolgono secondo la modalità maestro-allievo, che permette di realizzare lezioni piuttosto intense: sperimentando questa strana dimensione spazio-temporale, dove lo spazio non esiste, quasi ci si sente svincolati dalla dimensione del tempo.

L’On. Franceschini parla di istituire un Netflix della Cultura, ovvero una piattaforma online a pagamento. Cosa pensa a riguardo?

Può essere una proposta utile e allettante, economicamente valida, ma non sostitutiva dello spettacolo dal vivo, la cui essenza risiede nell’emozione diretta del vivere lo spettacolo con la propria presenza fisica, in quell’interazione costante tra artisti e pubblico che un normale mezzo di riproduzione non può sostituire. Tuttavia può aiutare molto nella diffusione della musica in fasce sociali e d’età, nonché nelle località più diverse.

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Lei è anche Direttore Artistico dell’Accademia Corale Stefano Tempia di Torino. Come sta vivendo una piccola realtà musicale questo periodo di crisi?

L’Accademia Stefano Tempia è un’istituzione corale, la più antica d’Italia, fondata nel 1875. È provato che l’attività corale sia una tra le più insidiose nella trasmissione del virus: per questo risentiamo in maniera drammatica dell’emergenza. Dal 24 febbraio scorso sono state sospese le prove e conseguentemente i concerti corali. Una compagnia corale ha bisogno di un continuo lavoro di preparazione e studio che potrà essere mitigato e risolto con un grande lavoro futuro di recupero dell’attività. La Tempia occupa uno spazio importante nella vita culturale torinese e l’attività concertistica ha un importante risvolto istituzionale in quanto le nostre stagioni sono finanziate da enti pubblici e privati. Uno degli aspetti problematici che noi e gli altri enti musicali torinesi abbiamo dovuto affrontare è stato il rimborso dei concerti cancellati o sospesi agli abbonati ma, soprattutto, comunicare a tutti gli artisti coinvolti nella stagione concertistica l’impossibilità di confermare i concerti.

Quando, come e da dove pensa possano ripartire le realtà dello spettacolo dal vivo?

Ritengo che la realtà dello spettacolo dal vivo debba ripartire a breve, nel rispetto delle ordinanze governative. Se non intraprendiamo una strada di ritorno rischiamo di compromettere uno degli aspetti più significativi ed importanti del nostro paese: la cultura. Credo che nell’immediato i grandi eventi possano aver luogo senza troppi problemi in luoghi aperti e, in questo, l’estate ci aiuterà. A partire dell’autunno non vedo grandi problemi nella proposizione di concerti cameristici, al contrario degli spettacoli di natura sinfonico, operistico e corale. Voglio, però, concludere con una nota positiva: come hanno già dimostrato le guerre nella loro tragica inutilità, dopo una grande crisi il genere umano è pronto a risorgere.

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Paola Sireci