Dal basso e a sinistra: una Colombia inedita
| Dopo più di due secoli, la svolta |
Proposte N. 11 – Novembre 2022
In agosto è stato eletto il primo presidente di sinistra nella storia del paese sudamericano, e, a pochi mesi dal suo insediamento, ha preso decisioni mancanti da molto tempo e parlato la lingua del popolo.
C’è sempre una prima volta, e mai come nella Colombia di oggi questa frase si sposa con i risultati delle elezioni, che in agosto hanno visto trionfare – per la prima volta appunto – la sinistra: ufficialmente presidente a seguito del ballottaggio è Gustavo Petro.
Alle basi del suo impegno politico, per lui vi sono il colpo di Stato in Cile ai danni di Allende (1973) e la lettura di García Márquez; non a caso Aureliano, personaggio di “Cent’anni di solitudine”, è stato un suo pseudonimo durante l’attivismo presso il M-19, gruppo guerrigliero di orientamento socialista e democratico: con tale gruppo, nel 1990, il governo ha firmato un accordo di pace.
Proprio il 7 agosto, il leader della coalizione Pacto Histórico aveva affermato che “oggi è la giornata delle strade e delle piazze”, promettendo di dedicare la propria esistenza alla costruzione di una Colombia diversa in cui vi siano istruzione superiore gratuita, aumento delle pensioni e superamento della dipendenza dal petrolio e del carbone; nel programma si parlava anche di una riforma agraria per rendere nuovamente produttivi 15 milioni di ettari, infrastrutture per l’accesso all’acqua, investimenti nella ricerca, riforma fiscale e riforma del sistema sanitario.
Appare inoltre molto forte la volontà di ascoltare e rispondere alle esigenze di maggioranze spesso silenziate quali le popolazioni contadine e indigene; la vicepresidente Francia Márquez ha sottolineato come questa vittoria, dopo 214 anni, porti a un governo “del popolo, della gente con i calli alle mani”: riprendendo lo scrittore uruguaiano Galeano, “dei nessuno e delle nessuno”.
Anche l’assenza, al momento, di accuse di corruzione sembra giocare a favore della fiducia in questi politici. Negli ultimi decenni, difatti, il Paese è stato costantemente permeato da casi di corruzione, appropriazione illecita di terre, militarizzazione, vincoli tra presidenti e narcotrafficanti, repressioni violente, desaparecidos e omicidi. Scottante è anche il tema dei falsi positivi, ovvero attivisti e giovani uccisi con l’inganno e dipinti come vittime dei combattimenti: tema denunciato da Petro già quando era parlamentare.
Nel mese e mezzo tra la sua elezione e il suo insediamento, ha negoziato con i partiti politici centristi e di destra per costruire una maggioranza al Congresso; inoltre, pochi giorni prima del suo insediamento, ha mantenuto la promessa elettorale di approvare l’accordo di Escazú, il più importante trattato di protezione ambientale adottato in America Latina – in precedenza respinto quattro volte dai senatori.
Esattamente l’11 agosto, Colombia e Venezuela hanno ristabilito le relazioni diplomatiche dopo una pausa di tre anni, e Petro ha annunciato che andrà alla riapertura della frontiera tra i due Paesi, dove si coopererà per contrapporsi a guerriglieri, paramilitari e trafficanti di droga. Ha anche ripreso i negoziati di pace con i guerriglieri dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), sospesi dal precedente governo: tale ripresa è stata sostenuta dall’ONU in alcune dichiarazioni.
Nelle ultime settimane, Petro ha annunciato una graduale sospensione dello sfruttamento petrolifero nella foresta amazzonica: la proposta include coinvolgere la comunità internazionale nella lotta contro la deforestazione ed istituire un fondo internazionale che serva per conservare la foresta e pagare agricoltori incaricati di prendersi cura della foresta e recuperare le aree disboscate.
Proprio nel suo discorso all’ONU del 20 settembre, Petro ha parlato della “bellezza insanguinata” della sua terra, in cui la grande ricchezza naturale viene abusata dai centri di potere: facendo riferimento alla coca, ha parlato di come venga costantemente attaccata con glifosato che poi inquina le acque e di come i suoi coltivatori vengano arrestati, nonostante sia ciò che serve loro per sopportare l’altitudine o la stanchezza del lavoro. Ha evidenziato come spesso la colpa venga data appunto alla coca e a chi la coltiva e non alla società capitalista e consumista che fa sì che una persona arrivi ad anestetizzarsi con la droga: “la malattia della solitudine non si cura con il glifosato sulla selva”, ha affermato, “e diminuire il consumo di droghe non implica armi, bensì costruire una società diversa”.
Ha anche rivolto critiche agli Stati Uniti per le numerose invasioni, citando le conseguenze del capitalismo speculativo; sulla lotta al cambiamento climatico, invece, ha detto che oltre ad essere un fallimento, ha anche una causa: tale causa è il capitale, che esiste per poter aumentare la produzione di molti e i guadagni di pochi.
Concludendo, ha parlato come avrebbe parlato Pertini: “non c’è pace totale senza giustizia sociale, economica e ambientale. Senza giustizia, non ci sarà pace sociale.”