É la mancanza di un posto fisso ad impedire ai giovani la genitorialità?
La costante vulnerabilità occupazionale ed economica dei giovani italiani vincola scelte procreative: il 61% vorrebbe in futuro una famiglia, se solo avesse una stabilità retributiva più consistente.
È questo il dato che emerge dal Report sulle condizioni e prospettive occupazionali, retributive e contributive del CNG (Consiglio Nazionale dei Giovani), supportata dall’ente Eures che dal 1998 si occupa di promozione, formazione e ricerca applicata in campo sociale, economico e culturale.
Condotta tra febbraio e aprile, l’indagine è stata diffusa solo nella seconda settimana di maggio, due giorni dopo la Giornata Internazionale della Famiglia. Sul campione di 960 giovani italiani della fascia 18 – 35 anni, sono 624 i lavoratori tra precari e non, 336, invece, tra inoccupati e studenti.
Non è di certo una sorpresa, questa storia della precarietà lavorativa. Lo è, forse, il desiderio represso della genitorialità.
Oggi la parola futuro è diventata difficilmente associabile a quella di giovani. Dall’alba dei tempi, è sempre stato faticoso entrare nel mondo del lavoro: si parte dal fondo della gerarchia, affilando unghie e denti per far carriera, e pensare, per alcuni, di metter su famiglia.
Bene, si fa per dire, se questa condizione fosse solo transitoria e non persistente. Questi “alcuni” rappresentano, però, più della maggioranza dei giovani italiani desiderosi di essere genitori, ma che non possono permetterselo.
Basse retribuzioni e discontinuità lavorativa
A cinque anni dal completamento degli studi, i giovani intervistati hanno lavorato in media per tre anni e mezzo rimanendo inoccupati per ben un anno e mezzo. Il 23,7% dichiara di essere disoccupato, mentre il 13,1%, uno studente – lavoratore: un italiano su tre, il 37,2% del campione, possiede invece un lavoro stabile.
In questo scenario poco promettente, trattare la questione “retribuzione” non solleva gli animi: la maggioranza degli intervistati ha sostenuto di ricevere un salario inferiore a 10 mila euro annui, mentre il 23,9% sotto i cinque mila euro.
Il 35% oscilla tra i 10 e 20 mila euro e soltanto il 7,4% supera i 20 mila euro annui. Lo spettro della disoccupazione si affianca a quello del “lavoro in nero”: il 54,6% dei giovani ha lavorato, almeno una volta, senza un contratto.
Se il presente è discontinuo, il futuro spaventa
Tirando le somme, un giovane neolaureato entusiasta di aver terminato il suo percorso di studi si ritrova a bighellonare per più di un anno e, qualora riuscisse a trovare un lavoro stabile, non ha la possibilità economica di progettare la sua autonomia. Non stupisce che il 50,3% under35 vive ancora a casa dei propri genitori.
Come pianificare la propria indipendenza con cotanta precarietà?
Soltanto il 12,4% del campione intervistato ha dichiarato di essere proprietario della casa in cui vive a fronte di un 40% che sostiene di non avere le condizioni idonee per richiedere un mutuo (cui ha cercato di rispondere il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per l’acquisto della prima casa). Solo il 6,5% ha dichiarato di avere già figli, mentre il 32,6% afferma di non voler averne per scelta.
Recuperare la fiducia
La precarizzazione nel nostro Paese rappresenta una condizione strutturale aggravata ulteriormente dalla crisi post pandemica: l’impatto sulla denatalità è inevitabile. La famiglia è senz’altro il “nucleo vitale della società che merita politiche di sostegno”, ha dichiarato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia lo scorso 15 maggio.
Sostegni, come l’assegno unico e universale per le famiglie che, stando alle parole del presidente del Consiglio Mario Draghi, restituiranno determinazione e fiducia alle giovani coppie, diventando ufficialmente legge già da luglio per ogni figlio che nasce.
Inoltre, il lento riassetto del nostro Paese verso la digitalizzazione ha dei lasciti soprattutto sui Millennials che quotidianamente combattono per occupare un ruolo stabile in un mercato digitale in evoluzione. Le conseguenze sono le continue sgomitate con la Generazione Z, più giovane e più smart, il tic toc biologico delle giovani donne per mettere al mondo dei figli e un conto in banca misero.
Per sotterrare i sentimenti dominanti d’incertezza, paura e rassegnazione, i giovani italiani hanno bisogno di ulteriori conferme e tutele da questo governo per non essere costretti ad accettare lavori sottopagati, in nero o di rinunciare al desiderio di avere dei bambini.