I silenzi di Draghi sono ciò che serve davvero all’Italia oggi?

I silenzi di Draghi sono ciò che serve davvero all’Italia oggi?

 

Quando il troppo rigore istituzionale non aiuta a risollevare le sorti di un paese

I silenzi di Draghi sono ciò che serve davvero all’Italia oggi?

Il passaggio di testimone tra Giuseppe Conte e Mario Draghi ha segnato l’inizio dell’attività del nuovo governo. Sotto la guida di Draghi c’è stato un cambio di passo anche nella comunicazione istituzionale, scandita da interventi scarni e lontana dai social. Ma gli eventi di questi primi giorni non hanno dato ragione alla sua riservatezza

 

Ricordiamo tutti i titoli e i lodevoli ritratti (a volte troppo farciti di particolari di vita privata che tali dovrebbero rimanere) che molti quotidiani hanno proposto per presentare la figura di Mario Draghi subito dopo che il già ex presidente della BCE aveva dichiarato di aver accettato l’incarico di mandato esplorativo assegnatogli dal Presidente della Repubblica. La caratura di Draghi lo ha reso un uomo di grande esperienza all’interno delle dinamiche politiche UE e lo ha avvicinato molto allo stile comunicativo proprio di altri leader europei, come Angela Merkel.

Una comunicazione così minimalista, in perfetta linea con il modello europeo, ha sradicato gli italiani dall’abitudine di leggere i post a cadenza quasi quotidiana o di ascoltare gli interventi dell’ex primo ministro Giuseppe Conte, che dall’inizio della pandemia ha guidato l’Italia anche tramite una forte presenza comunicativa attraverso la televisione e sui canali social. E anche se alla vigilia di un nuovo dpcm, la pubblicazione della bozza ha sempre creato grande scompiglio e in generale non è mancata la bulimia informativa, ci troviamo oggi a pensare che forse quella sarebbe stata preferibile agli interventi eccessivamente preparati di Draghi.

La tradizionale cerimonia del passaggio di consegne, avvenuta il 13 febbraio 2021 a Palazzo Chigi. Photo credit: governo.it
La tradizionale cerimonia del passaggio di consegne, avvenuta il 13 febbraio 2021 a Palazzo Chigi. Photo credit: governo.it

L’intenzione del nuovo primo ministro è quella di recuperare quel senso di solennità proprio della comunicazione istituzionale, una verticalità che non può passare attraverso la natura orizzontale di un social network. Ma evitare quelle soffiate che hanno dato da mangiare ai giornali all’arrivo di un nuovo dpcm e intervenire sulle questioni necessarie con parole estremamente pesate e discorsi ridotti all’osso si sta rivelando un problema.

Non è trascorso molto tempo prima di sentire il peso dei silenzi di Mario Draghi: i già fragili equilibri della società italiana sono stati minati dalla pandemia e da una crisi di governo che ci ha fatto perdere giorni preziosi durante le prime settimane di vaccinazione. Se a cose normali buona parte dell’opinione pubblica avrebbe visto di buon occhio che un nuovo governo si fosse messo a lavorare incessantemente dietro le quinte, è pur vero che stiamo vivendo un periodo storico che tutto è fuor che nella norma.

E in tempi così straordinari bisogna avere il polso di quanto basti poco per infiammare animi esasperati di lavoratori fermi da un anno, di studenti e professori proiettati in un non-luogo di formazione che è lo schermo di un device, di chi per poca informazione o per suo naturale scetticismo è molto incline a non volersi vaccinare se non percepisce massima trasparenza nella gestione della campagna vaccinale da parte delle istituzioni.

Insomma, potremmo dire che per Draghi il silenzio è d’oro e le parole sono d’argento, ed era opinione diffusa che questo modo di pensare e di (poco) agire avrebbe dato forza all’azione del nuovo governo.
Ma è realmente così?

Il mese di marzo ha avuto almeno un paio di momenti critici in cui avremmo necessitato di una comunicazione più tempestiva e trasparente: nell’ambito della riscrittura del piano di ripresa e resilienza, dopo che Radio Popolare ha rivelato che per assolvere a tale compito l’esecutivo avrebbe fatto affidamento a McKinsey, una società di consulenza esterna, sollevando un polverone. Non fosse altro che per spiegare che è stata una prassi seguita anche dal precedente esecutivo, con la differenza che l’intervento richiesto a tale società da Draghi sarà probabilmente più incisivo sul documento finale.

Poi ci sono state le amare ore in cui il governo italiano ha deciso per la sospensione del vaccino Astra Zeneca (ricalcando le scelte di altri governi in Europa). Decisione che è stata solo politica, come hanno sottolineato giornalisti e scienziati, dato che la sicurezza del vaccino non era stata messa in dubbio né da AIFA né da EMA, le agenzie del farmaco a livello italiano ed europeo.

I tre giorni trascorsi tra il momento della sospensione e quello del nuovo ok da parte dell’EMA sono stati benzina sul fuoco che avrebbero potuto far cambiare idea a molte persone sull’intenzione di ricevere le due dosi di tale vaccino. Alla fine, il presidente del consiglio, dopo la delibera di EMA, ha rassicurato gli animi dichiarando che vorrà ricevere senza indugio Astra Zeneca, così come ha già fatto suo figlio. Ma visto il potenziale incendio che questa scelta politica avrebbe potuto causare, Draghi sarebbe dovuto intervenire in modo più trasparente e, soprattutto, con tempestività.

 

Francesca Staropoli

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Francesca Staropoli