Il corpo delle donne usato come manifesto politico

Il corpo delle donne usato come manifesto politico

I corpi sono ancora adesso usati come canovaccio sul quale scrivere messaggi di propaganda politica ma, in pole position troviamo, quasi sempre, quello delle donne

Nonostante viviamo in un Paese “civile”, collocata in un’Europa altrettanto “avanzata” non riusciamo a dismettere meccanismi ancorati a pratiche culturali antiche che, però, ancora adesso fanno tendenza e, sulle quali, si continua a fare propaganda elettorale

La violenza è ampiamente punita dalla nostra Costituzione che, all’articolo 3, dice che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. […]”. Un articolo chiarissimo; eppure, in Italia ancora si teme di subire violenza e si muore fuori e dentro le mura domestiche.

È una tematica assolutamente condivisa, o per lo meno questo è ciò che sembra trasparire, ma – in verità – non si concretizza appieno e tutto ciò denota che qualcosa non funziona, l’argomento non è stato correttamente interiorizzato. L’Europa, esattamente come l’Italia, condanna la violenza di genere e promuove una politica di coesione, di emancipazione femminile e di parità che faccia sparire la prevaricazione maschile basata sul machismo culturale.

Un tema, quello femminile, che è sempre stato allineato con la causa delle minoranze etniche. Ovunque ci fosse stata una donna a protestare per i propri diritti si sarebbe potuto scorgere anche dell’altro e questo dalla notte dei tempi.

Era il 1848 (precisamente il 19-20 giugno) quando si realizzò la Seneca Falls Convention nella quale s’incontrarono intellettuali di varia provenienza con l’obbiettivo di parlare di diritti femminili in campo sciale, religioso e civile. Incontro storico che portò alla famosissima Declaration of Sentiment (un documento siglato da 68 donne e 32 uomini) e si parlò anche di minoranze etniche: in quel periodo l’attenzione era focalizzata sugli indiani nativi d’America e sugli afroamericani. Sono passati alcuni secoli da allora eppure sembra che ci siamo arenati su alcuni temi e, da questo pantano, non riusciamo a riemergere e ripulirci.

Il corpo delle donne è stato spesso strumentalizzato ed usato per fini politici; sin dalla notte dei tempi si è pensato di sfruttare la fisicità femminile per veicolare valori o limitazioni utili per l’intera collettività e di trasformare ogni donna in una sorta di messaggio “altro”, più ampio.

La donna, poi, nella cultura cristiano-cattolica occidentale è fortemente legata al concetto di maternità che, a tutt’oggi, ancora non si riesce a superare e che, anche negli ultimi mesi, ha tenuto banco in molti talk shows, arringhe politiche ecc. per mostrare, ancorare, e se possibile, legare in modo ancora più stretto il corpo femminile alla genitorialità. Se ci si pensa bene, si cerca – a livello inconscio – di ridurre anche la femminilità stessa perché la figura materna è, di per sé stessa, quasi asessuata agli occhi dell’altro.

Quindi si è tornati al corpo della donna come tela su cui scrivere agende elettorali e, anche per questo motivo, il tema dell’aborto e delle associazioni Pro-Vita restano così tanto centrali nelle politiche delle destre mondiali (perché, va detto, è davvero un fenomeno che va ben oltre i nostri confini nazionali).

Un tema talmente divisivo da creare intorno a sé due poli ben distinti e lo abbiamo visto molto bene (anche questo è un mero esempio di attualità) nelle elezioni americane vinte dal repubblicano Donald Trump; nonostante, già a partire dal giugno 2022, la Corte Suprema statunitense avesse abolito la sentenza Roe V. Wade (interessante articolo Il Sole24Ore) in meritoche garantiva il diritto di interrompere la gravidanza a livello federale, in molti Stati erano già presenti pregresse limitazioni a ricevere un aborto sicuro e legale. Ad oggi circa 25 milioni di donne americane economicamente fragili (e che vivono nella fase di fertilità biologica) sono sprovviste di tutele in tal senso.

Ed in Europa? La situazione da noi è ostacolata dal voto comune; già perché il Parlamento Europeo cerca di spingere altri Stati membri ad inserire l’aborto nel European Charter Of Fundamental Rights che, seppur formalmente, sarebbe un notevole passo in avanti ma è ostacolato dal veto abrogativo delle forze politiche e dei Governi conservatori che, spesso, non ritengono necessario che una donna possa decidere del proprio corpo e, anche, di scegliere se abortire o meno.

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Ludovica Cassano