Il filo che lega l’Occidente all’Oriente

Il filo che lega l’Occidente all’Oriente

L’Oriente non fa più paura e appare, invece, sempre più importante nelle trattative commerciali anche se non mancano i problemi

Il commercio mondiale si fonda su una rete di accordi e contro-accordi commerciali che sembrano unire l’Oriente e l’Occidente da un filo talmente sottile da rischiare, continuamente, di spezzarsi

Dopo il 6 novembre, quando il popolo americano ha eletto il candidato repubblicano Donald Trump, più di un leader mondiale è sobbalzato sulla sedia perché, si sa, che il tycoon aveva parlato in termini molto duri dell’import commerciale sostenendo che avrebbe alzato i dazi per agevolare il mercato interno. Traducendolo in termini ancora più immediati: appare chiaro che avrebbe voluto ridimensionare la merce straniera in ingresso nel suo Paese e questo ha generato più di una bocca serrata.

Nel frattempo, i principali interlocutori orientali (per esempio la Cina e l’India) avevano già intrapreso un percorso di apertura e/o consolidamento dei loro rapporti commerciali sia con il partner Europa che con gli USA, anche se in modi differenti.

L’Oriente mondiale è, di certo, molto grande e se – almeno per il momento – si escludesse la Russia, per via dell’ovvia posizione assunta con l’invasione dell’Ucraina, non si potrebbe prescindere dal considerare sia il grande Paese del Taj Mahal e del Gange che quello della Grande Muraglia.

Se l’India ha cercato, per lungo tempo, di mantenere una certa equidistanza sullo scacchiere internazionale a causa degli accordi successivi all’indipendenza dal Regno di Sua Maestà, diverso è il discorso che lega la Cina all’Occidente.

Tutto questo è, però, mutato nel 2005 con la firma del New Framework for the India-U.S. Defense Relationship che ha potenziato gli accordi commerciali reciproci. Relazione intensificata, poi, dal Joint Strategic Vision for the Asia Pacific and Indian Ocean Region che è nato anche in conseguenza degli accorsi One belt, one road cinesi con l’Europa (la cosiddetta Via della Seta).

Gli scambi commerciali indo-europei, invece, sono aumentati nel tempo ma non abbastanza e, probabilmente, proprio per via di quell’accordo con la Cina, accennato prima, che impensierisce – e non poco – l’India nella sua egemonia marittima nei mari orientali: gli indiani temono che la Cina potenzi (anche con nuovi porti) la propria rete marittima compromettendo la loro capillarità in quel lato del Mondo.

Altro dato da considerare è che il colosso guidato dal Presidente Xi Jinping ha avuto contatti con gli USA sempre più rarefatti dal 2013 ad oggi – questo è evidente da un interessante grafico prodotto da ISPI – come se fosse diventato sempre più palese il confronto (apparentemente paritetico) che intercorre, dal punto di vista economico, tra i due giganti commerciali.

La Cina, nella sua economia interna, sta vivendo un periodo di stagnazione avendo puntato tantissimo (nei decenni passati) sulla costruzione edilizia che, al momento, è in stallo e – proprio per questo motivo – sarebbe apparso fondamentale puntare sulla manifattura che terrebbe il Paese “a galla” anche se solo per il breve periodo: proprio in conseguenza di ciò si è determinata la corsa alla superproduzione cinese che vuole cercare di arrivare ovunque nel Mondo.

Ora, con la presidenza Trump, questo raffreddamento potrebbe diventare una tempesta gelata se quest’ultimo dovesse trasformare in fatti ciò che aveva detto durante la campagna elettorale. Trump, infatti, avrebbe attribuito la colpa della crisi economica interna statunitense proprio al Paese del Dragone sostenendo che, a causa della scorretta competitività cinese, il comparto industriale, automobilistico, tecnologico statunitense avrebbe subito una frenata con conseguenti perdita di occupazione ecc.

Va detto che anche Biden ha attaccato la Cina ma, nel suo caso, puntando l’enfasi sulla sicurezza nazionale (definendola “a rischio”) a seguito della crescente espansione tecnologica cinese. Insomma, un rapporto che appare molto complicato se non addirittura impossibile.

Ciò che invece contraddistingue le relazioni commerciali tra Cina ed Europa è un feeling che sembra crescere in modo più spedito; va detto, però, che l’Europa è legata strettamente alla politica statunitense dalla seconda metà deli anni ’40 e, quindi, mantiene una posizione oculata per non incappare in scomode ritorsioni.

Insomma, appare un Globo fortemente compromesso da rapporti fondati sul gioco-forza dell’uno o dell’altro interprete di turno e dove l’equilibrio internazionale appare alquanto utopico.

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Ludovica Cassano