Il Nuclear Energy Summit e il dibattito sull’atomo in Italia

Il Nuclear Energy Summit e il dibattito sull’atomo in Italia

Lo scorso 21 marzo ha avuto luogo a Bruxelles il Nuclear Energy Summit, il vertice sull’energia nucleare, alla quale hanno partecipato 32 paesi, tra cui l’Italia.

L’impegno globale nella decarbonizzazione ha imposto nuove dinamiche di cooperazione tra gli Stati per raggiungere un fine comune. Su questa premessa si è riacceso negli ultimi anni il dibattito circa validità e sicurezza dell’energia nucleare. Dal lontano referendum del 1987 ad oggi, la posizione dell’Italia a riguardo è notevolmente cambiata.

Il nucleare è stato per lungo tempo un tabù a Bruxelles, soprattutto dopo gli incidenti di Chernobyl e Fukushima. Solo negli ultimi anni si è rivalutato, molto velocemente, il ruolo dell’atomo nello scenario energetico internazionale, sotto l’influenza di paesi fortemente pro-nucleare come la Francia. Le cause che hanno incentivato la rivalutazione sono naturalmente la crisi climatica, lo stop al gas proveniente dalla Russia e il rincaro dei prezzi energetici. Scopo del vertice dello scorso 21 marzo è stato infatti quello di promuovere l’energia nucleare come soluzione fondamentale per la transizione energetica, sulla scia della COP28 tenutasi a Dubai a dicembre 2023.

Tra i 32 paesi partecipanti hanno preso parte sia grandi colossi del nucleare come Cina e USA, sia nuovi attori come Bangladesh e Arabia Saudita. Tra i grandi assenti si annovera la Germania — che prosegue con la politica anti-nucleare dopo aver chiuso i suoi ultimi reattori nel 2023 — e l’Austria, che riconosce gli investimenti nel nucleare come un atto di greenwashing. La dichiarazione finale del vertice ha sottolineato l’urgenza di agire congiuntamente per incrementare le condizioni favorevoli allo sviluppo dell’energia nucleare, abbandonando ogni “approccio ideologico” alla questione, in riferimento ai dubbi che persistono nella comunità europea sull’uso dell’energia atomica in termini sia di validità che di sicurezza.

Il summit getta le proprie basi soprattutto sulle dichiarazioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) contenute nel Nuclear Power and Secure Energy Transitions, un report del 2022 circa il ruolo dell’atomo nel processo della transizione verde. Il report in questione afferma sì che “il nucleare dà un contributo significativo allo scenario a zero emissioni” e che consentirebbe il risparmio di miliardi di dollari in termini di investimenti da qui al 2050; ma andando più a fondo, si scopre che in realtà, secondo lo scenario previsto dall’agenzia, il ruolo del nucleare sarà sempre più marginale nello scenario energetico globale. Siccome energia nucleare ed energia elettrica avanzeranno a ritmi differenti, secondo le stime, nel 2050 il nucleare riuscirà a coprire solo l’8% del fabbisogno elettrico mondiale. La Iea avvalora la tesi considerando anche il fatto che gran parte dei nuovi reattori che entreranno in funzione nelle economie avanzate andrà a sostituire quelli che dovranno chiudere per raggiunti limiti di età (ben un terzo di quelli attualmente in funzione nell’Ue).

Dunque, il rapporto non incentiva l’uso dell’energia nucleare, ma più che altro “mette in guardia” i paesi che già la utilizzano o hanno in programma investimenti nel settore. L’agenzia afferma inoltre che il (limitato) sviluppo del nucleare potrà avvenire solo grazie a un ingente supporto finanziario dei governi e all’incremento della cooperazione internazionale. Ecco perché il nucleare è diventato negli ultimi anni un caposaldo nella politica estera di molti paesi.

Foto di Pixaby

Associazioni globali come Green Peace si impegnano da tempo a sfiduciare quella che hanno denominato la “favola nucleare”, invitando i governi a non sprecare tempo e denaro, ma di investirli nello sviluppo di energie rinnovabili sicure, come quella eolica o solare. Non a caso il 21 marzo, fuori le porte dell’AIEA, che ha ospitato il summit a Bruxelles, c’erano le proteste degli attivisti di Green Peace.

L’Italia guarda all’indipendenza energetica per lasciare progressivamente le fonti fossili, e per puntare su un mix energetico dove ci siano rinnovabili, l’idrogeno e anche il nucleare” ha dichiarato il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, in seguito al summit a Bruxelles. “È una delle fonti meno inquinanti in assoluto e lo ha ripetuto anche la Commissione europea nel documento sulla tassonomia” ha proseguito il Ministro, riferendosi al documento che ha oggi il potere di indirizzare i finanziamenti privati verso le sole attività allineate alla transizione e agli obiettivi del Green Deal europeo, e che nel febbraio 2022 ha aggiunto, a determinate condizioni, anche attività nel settore del gas e del nucleare con il Complementary Climate Delegated Act.

In Italia, da decenni, il dibattito sul nucleare è fortemente controverso, e spacca ancora oggi la politica in due parti: pro e contro. Nel 2008 fu l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ad avanzare la proposta di un ritorno nucleare, grazie all’appoggio di accordi internazionali con paesi come la Francia. La proposta, dopo un appoggio iniziale, fu poi respinta da un referendum nel 2011. Dopo più di un decennio, nel 2022 il dibattito si riapre in seguito all’aumento della crisi climatica e lo scoppio della guerra russo-ucraina. Ad oggi, le autorità governative sembrano riporre una nuova fede nel nucleare, come si evince dalle dichiarazioni del Ministro degli Esteri, manca però un riscontro effettivo dell’opinione pubblica, che nutre ancora forti dubbi circa il nucleare, soprattutto in tema di sicurezza.

Nel nostro paese, infatti, i rifiuti ad alta radioattività restano in attesa di una risposta sostenibile. Il decommissioning nucleare è una questione ancora aspramente irrisolta. Fu la Sogin, società responsabile dello smantellamento dei siti nucleari in Italia, a ricevere il compito della progettazione del sito nazionale per i rifiuti radioattivi, con l’impegno di stilare una lista di possibili allocazioni. Era il lontano 2015. L’elenco sarà presentato dal MASE, nella sua completezza, solo il 13 dicembre 2023. Le 51 aree italiane proposte nella Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) continuano però a riscontrare esiti negativi dall’opinione pubblica circa la possibilità di ospitare un deposito nazionale. Ad oggi, dopo decenni, la questione non ha ancora avuto una svolta decisiva.

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Martina D'Andria