“Il viola del grano”, una visione del rifugio interiore dell’adolescente
Intervista alla scrittrice che, attraverso una scrittura sperimentale e intima, ha trascritto nero su bianco lo scenario onirico del risanamento di una ferita dell’anima
Michela Di Gregorio Zitella è una scrittrice e poetessa abruzzese che ha scoperto nel periodo dell’adolescenza il proprio talento letterario vincendo il Premio “Alessandra Schiarini” per la poesia nel 2009. A partire dal 2016 ha esercitato la scrittura con la raccolta di poesie e racconti “Ossa cave” pubblicato da Lupi Editore, con una crescita costante delle partecipazioni in antologie di rilievo regionale e nazionale cimentandosi anche nei generi della fiaba per bambini, del racconto breve e della narrazione drammatica. Nel 2022 ha scritto l’articolo “Le donne in Accattone” dedicata a Pier Paolo Pasolini per Daimon Edizioni e altri racconti per le raccolte “Un aforisma nell’agenda”, “Racconti in cento parole” e “Una storia al giorno” pubblicate da Giulio Perrone Editore. Nel novembre 2022 ha stampato con Protos Edizioni il racconto inedito originale, Il viola del grano. Il racconto breve si caratterizza per l’atmosfera intima e rarefatta che trasporta il lettore in un luogo irreale carico di simboli inconsci ed figure oniriche, per una sorta di risanamento interiore dell’essere umano. Un approccio insolito tra il diario, il flusso di coscienza, la psicologia e l’allegoria, lasciando trasparire le influenze di autori come Richard Bach o Antoine de Saint Exupéry. Ho deciso di intervistare la giovane autrice per comprendere l’esigenza di una scrittura così poco conforme ai canoni dell’editoria odierna.
M.G.: Gentile Michela Di Gregorio Zitella ho visto il lungo elenco delle sue pubblicazioni, anche nelle altre opere mantiene questo approccio surrealista e fantastico?
M.D.G.Z: Sì, il mio obiettivo iniziale era quello di sperimentare diverse forme di linguaggio al fine di arrivare a uno stile del tutto originale. Parallelamente alla poesia, ho scritto anche delle “fiabe nere”, ovvero testi in prosa composti sia dalla fiaba che dal crudo realismo dei fatti di cronaca. Da queste scelte sono nati racconti di genere horror, come nel caso di “Behemoth!” e “Delirium” o soggetti imprigionati in una quotidianità isolata e oppressiva, come accade in “Perdersi” e negli altri racconti della mia prima raccolta “Ossa Cave”. Negli ultimi anni, invece, come ne “Il viola del grano” a questa tendenza si uniscono temi a me cari come quello delle relazioni umane, la riflessione sulla comunicazione, l’eros e l’amore, elementi già presenti in poesia ma meno evidenti nelle primissime elaborazioni in prosa.
M.G.: Quali sono i suoi riferimenti letterari italiani o stranieri?
M.D.G.Z: Rispondo telegraficamente: Kafka, Poe, Andersen e Shakespeare.
M.G.: Il viola del grano mette alla prova il lettore trasportandolo in un mondo parallelo, misterioso e simbolico. Qual è la chiave di lettura e a che tipo di pubblico si rivolge?
M.D.G.Z: Il tema del libro è una riflessione sulla comunicazione fra il preadolescente e il mondo che lo circonda, partendo anche dalla mia esperienza. Io ho vissuto questo delicato periodo della vita in un momento storico di grandi e rapidi cambiamenti: i social network, nati come intrattenimento, hanno preso molto potere, entrando fortemente nella nostra quotidianità, cambiandone le regole e quindi stravolgendo anche la comunicazione. La scelta che ho fatto di rimandare chiaramente al famoso “Piccolo principe” è data proprio da questa esigenza di trasportare la comunicazione su un altro livello, lasciando per un attimo lo spazio della realtà per creare (nel caso del libro, questo spazio si crea proprio su un altro pianeta) un varco a-temporale, in cui sedersi a riflettere profondamente sull’andamento della comunicazione e delle relazioni affettive. Uno spunto di riflessione che riguarda me stessa in prima persona e il pubblico di adolescenti e adulti a cui il libro è rivolto.
M.G.: Qual è la sua opinione in merito alla letteratura italiana emergente e al mondo editoriale?
M.D.G.Z: I tanti autori emergenti di qualità, sono spesso sopraffatti dai grandi nomi di politici e persone dello spettacolo che intasano le librerie. Anche l’editoria per ovvie ragioni si è ritrovata nel grande sistema del “like”, dove il pubblico dei followers, numerosi e garantiti, conta anche in previsione delle vendite e della popolarità di un determinato personaggio. Il senso di smarrimento è forte, tuttavia penso sia importante analizzare il tempo in cui viviamo e capire questi meccanismi al meglio, sempre sperando e incoraggiando quelle Case Editrici che scelgono di scommettere sull’autore da loro curato e con un testo in cui loro credono, portando avanti un progetto comune.