La fast fashion può diventare sostenibile?

La fast fashion può diventare sostenibile?

La moda delle società postmoderne presenta una nuova e diversa natura dovuta soprattutto alle trasformazioni economiche, culturali e delle relazioni sociali, intervenute nell’ultimo secolo e ulteriormente accelerate e rese più complesse dall’esposizione mediatica a livello globale. La moda contemporanea è infatti più confusa, sfuggente e poliedrica, in linea con i caratteri della postmodernità.

La pluralità delle mode

Questa pluralità di mode è stata ben espressa da chi, discorrendo di fashion nella frammentarietà del postmoderno, ha fatto riferimento a una scelta di abbigliamento sul mercato che contribuisce a creare «uno stato di confusione che rasenta il caos» e a una «gamma complessa e a una moltitudine di stili di abbigliamento e aspetti personali simultaneamente “alla moda”» (Kaiser, Nagasawa, Hutton). Ebbene nella società contemporanea non rilevano più come oggetti di imitazione il modo di vivere e i modelli di consumo delle classi agiate, mentre proprio la varietà di scelta di mode disponibili sul mercato svolge un ruolo rilevante nella selezione dello stile personale e nella costruzione della propria individualità.

fast fashion

La fast fashion

Inoltre, i modi di produzione dell’abbigliamento sono diventati sempre più a basso costo, rapidi e su larga scala. Si tratta del fenomeno comunemente noto della fast fashion e tra i primi marchi più famosi di moda «veloce» si possono ricordare H&M, Zara e Primark. Questa forma di moda è esplosa negli anni Ottanta e un articolo del New York Times del 1989 ha impiegato per primo l’espressione fast fashion per annunciare l’apertura di due negozi a New York, Compagnie Internationale Express e Zara, e descrivere questa nuova modalità di produzione e vendita della moda (Two New Stores That Cruise Fashion’s Fast Lane, by Anne-Marie Schiro, December 31, 1989, p. 46).

Conseguenze della fast fashion

La fast fashion ha così orientato nuovamente il consumo, allontanandosi dal lusso e dall’esclusività della moda delle classi abbienti per rivolgersi alla massa indeterminata dei consumatori. Ha reso i capi di design e le nuove tendenze alla portata di tutti a costo di minacciare il carattere creativo e innovativo della moda, anche se non necessariamente, potendo il prodotto low cost non essere semplicemente una copia o un’imitazione, ma piuttosto un’interpretazione dell’originale considerato come fonte d’ispirazione.

Inoltre nella tensione, che abbiamo visto essere caratteristica e costante della moda, fra il desiderio di differenziazione individuale e di identificazione collettiva, fra originalità e omologazione, la fast fashion ha spinto certamente nella direzione di un conformismo generalizzato. D’altra parte, se questa corrente sempre più economica può costituire una delle conseguenze di una crisi economica duratura e di un accrescimento delle fila dei poveri a livello globale e può avere anche «democratizzato» la moda, essa resta nei suoi caratteri principalmente un simbolo di consumismo capitalista portato alle estreme conseguenze.

Problemi legati al fast fashion

È sinonimo di «postfashion» per i suoi modi di produzione che contrastano con la sostenibilità ambientale e sociale e, fra i tanti esempi, si può ricordare il crollo del Rana Plaza a Dacca nel 2013, un palazzo con laboratori di manifattura tessile, in cui persero la vita più di mille persone.

Ancora, alcune ricerche del 2018 hanno dimostrato che molti lavoratori di H&M (in India, Turchia, in Cambogia o in Bulgaria) vivono sotto la soglia di povertà, nonostante l’azienda avesse promesso di pagare un salario dignitoso. Ma negli ultimi tempi hanno cominciato a farsi sentire voci sempre più critiche nei confronti delle imprese e della loro responsabilità sociale rispetto al degrado ambientale e allo sfruttamento dei lavoratori. Voci che, se ascoltate, porteranno a un modo di vivere più sostenibile per l’ambiente e per la comunità.

Articolo di Michaela Giorgianni

Condividi:

Redazione Proposte UILS