La mancata indipendenza della magistratura è un diritto violato

La mancata indipendenza della magistratura è un diritto violato

Correntismi e ombre della storia della magistratura italiana che hanno un peso ancora oggi

La mancata indipendenza della magistratura è un diritto violato

Era fine Aprile quando è stato scoperchiato il vaso di Pandora della loggia Ungheria in Italia, riportando alla luce lo spettro della politicizzazione della magistratura nascosto già dietro la loggia P2, quarant’anni fa. In che modo tutto questo ci condiziona come cittadini?

 

Lo si era affermato già con il caso Palamara: il problema della politicizzazione della giustizia potrà essere risolto solo se riusciremo a eradicare le correnti politiche all’interno della magistratura.
Il recente caso Amara che ha portato alla luce la presunta esistenza della loggia Ungheria, una rete con dinamiche analoghe a quelle di una loggia massonica in grado di influenzare, tra le altre cose, anche le nomine in magistratura, sta contribuendo a far rinascere il dibattito su questo tema e ad assottigliare ancora di più la fiducia nella trasparenza della giustizia italiana.

La storia dei correntismi trova campo fertile in virtù delle valutazioni approssimative e accomodanti che il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), l’organo che vigila su autonomia e indipendenza della magistratura italiana, effettua periodicamente sulle carriere dei magistrati. Lo ricorda esaustivamente il Professor Giuseppe Di Federico, docente emerito di ordinamento giudiziario presso l’Università di Bologna, in occasione di un convegno di magistratura tenutosi nel 2019: la manica larga con cui tante valutazioni sono state effettuate ha fatto sì che le varie correnti, costituitesi fisiologicamente con la promulgazione della Costituzione italiana nel 1948 dopo il periodo fascista per ridefinire l’identità dell’organo giudiziario, potessero gestire molto liberamente l’indirizzo politico da intraprendere nella stesura delle sentenze per perseguire certi tipi di interessi conformi alla propria rete.

Non ci stiamo addentrando in una discussione su etica e coscienza, elementi che necessariamente influiscono sul mestiere di magistrato e che proprio per la loro presenza danno un indirizzo “politico” alle interpretazioni delle norme e alle sentenze: parliamo di veri e propri sistemi costituiti da magistrati, faccendieri, imprenditori, politici, tutte persone che hanno conoscenze e possibilità di influire, secondo certi accordi, su nomine di cariche pubbliche e su scelte economiche e politiche.

Eppure la nascita delle correnti aveva avuto una motivazione piuttosto nobile: esse dovevano servire infatti a dare una direzione a uno dei poteri dello Stato abbattuto insieme alla caduta del fascismo e in piena rinascita, direzione che doveva assegnare l’Associazione Nazionale dei Magistrati (ANM), da pensarsi come un sindacato di categoria anche se nei fatti non lo è in quanto svolge unicamente funzioni di rappresentanza. Magistratura Indipendente, la più longeva, fondata nel 1962, e Magistratura Democratica, del 1964, furono infatti le prime due storiche correnti nelle quali si riconoscevano, rispettivamente, giudici conservatori e giudici progressisti.

Lo scopo per cui erano state fondate era proprio quello di soddisfare la differenza di punti di vista tra quei magistrati già di lungo corso dopo la fine del fascismo e tra quelli più giovani, la cui formazione era basata unicamente sulle parole della Costituzione italiana e che avevano un sentire comune diverso sull’evoluzione dei diritti. Dunque la parola “correntismo” accostata alla magistratura non avrebbe, di per sé, una cattiva accezione.

Luca Palamara
L’ex magistrato Luca Palamara, al centro di un’inchiesta sulle nomine pilotate all’interno delle procure. Photo credit: Huffingtonpost.it.

Ma il terremoto dell’inchiesta “Mani Pulite” nel 1992, che ha messo in tavola le carte di una rete estesa di corruzione tra il mondo della politica e dell’imprenditoria, ha parallelamente aperto una crisi di fiducia nella giustizia mai risanata: per quanto sia stata un’inchiesta di assoluta rilevanza per l’opinione pubblica, spesso si è detto che quel metodo rivoluzionario con cui la magistratura aveva gestito le indagini abbia di fatto segnato la fine del garantismo. Le scosse sono poi tornate a ondate, come succede con l’assestamento dopo un forte terremoto: con il caso Palamara, infatti, abbiamo assistito nuovamente al gioco delle dinamiche di un organo che, forte del suo autogoverno in quanto indipendente (in linea teorica) dalla politica, ha creato dei piccoli partiti politici al suo interno.

Le correnti non sono diventate altro che questo, e come ogni partito, ciascuna di esse salvaguarda i propri interessi per concorrere al meglio ai posti in ANM, il suddetto organo di rappresentanza della magistratura. Il caso di corruzione e di manovrazione della nomina del procuratore di Perugia di cui è accusato Palamara, già ex membro del CSM ed ex presidente di ANM, è tornato d’attualità per due motivi: per il ricorso da lui presentato, in corso di svolgimento proprio in questi ultimi giorni, e per il nuovo scandalo della loggia Ungheria, menzionata per la prima volta dall’avvocato Piero Amara.

Questo è un nome centrale, il punto di arrivo e di partenza dei tentativi di manovrare nomine di procuratori che potessero strizzargli l’occhio nei casi da lui seguiti. E se pensiamo che Amara è un abile tessitore di reti ed è coinvolto in varie inchieste di grande portata l’opinione, a partire proprio dal caso Palamara, passando da quella sul falso complotto Eni, per cui ha lavorato, e al sistema Siracusa fino ad arrivare a quella sull’ex Ilva di Taranto, altra società per la quale è stato consulente legale e che gli è costata una nuova notifica di misure cautelari con l’accusa di aver raccomandato ad alcuni membri del CSM il procuratore Capristo, con il quale aveva accordi corruttivi, il quadro diventa chiaro.

La corruzione corre là dove la compattezza di interessi interna a una corrente è forte, e poiché i suoi componenti sono magistrati con alte cariche e che si occupano di inchieste che incidono sulla vita di ognuno di noi, avere una magistratura correntista non rappresenta più solo uno scandalo, ma uno schiaffo ai nostri diritti, civili e umani.

 

Francesca Staropoli

 

 

Nella foto di copertina: l’avvocato Piero Amara. È stato lui a mettere a conoscenza gli inquirenti, per la prima volta, della presunta esistenza della “Loggia Ungheria”. Photo Credit: Repubblica.it.

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Francesca Staropoli