La moda nella società industriale era moda “di classe”
Nei suoi costanti e instancabili cicli di innovazione, obsolescenza e rinnovamento, la moda ha esercitato una forte influenza sulla società ed è stata a sua volta influenzata dalle condizioni sociali, culturali, politiche ed economiche dominanti nelle diverse epoche.
La moda può infatti ben rappresentare uno specchio della società. Riflette le peculiarità valoriali e le necessità economiche della collettività in un determinato momento storico. Apre una finestra sulla struttura sociale e sulle sue trasformazioni e può fornire allo stesso tempo al pensiero economico delle concrete
risposte alle dinamiche del consumo e del conformismo.
Moda e società tra Settecento e Ottocento
La sociologia in particolare ha fornito un contributo importante agli studi sulla moda. Ha posto le basi di un quadro teorico utile a comprendere il fenomeno nell’epoca moderna e contemporanea.
Così nelle società industriali del Settecento e Ottocento già si era assistito a un importante aumento della produzione e ad una crescente diversificazione dei beni di consumo e il rapporto fra l’uomo e le «cose» (Trentmann) si era via via trasformato, non limitandosi più a soddisfare esigenze primarie, ma assumendo anche valenza edonistica o rilevanza sociale o manifestazione di potere.
Non si trattava però ancora di una produzione e di un consumo di massa. Ebbene in questo contesto l’abbigliamento rivelava soprattutto la classe sociale di appartenenza che costituiva uno degli aspetti principali dell’identità di una persona.
Quando società e moda diventano un “prodotto della divisione in classi”
I sociologi moderni, nel discorrere sulla moda per comprendere la struttura e i comportamenti sociali, l’hanno descritta infatti principalmente come un «prodotto della divisione in classi» e un processo di «imitazione» delle relazioni sociali sulla base della teoria «trickle-down».
Partendo da una rappresentazione della società stratificata in classi, la moda esprimeva così essenzialmente la differenziazione sociale. Era creata e adottata dalla classe agiata, che intendeva distinguersi come gruppo dalla classe operaia, ma che veniva poi da questa imitata per tentare di indebolire la separazione sociale, avvicinarsi alla classe più elevata e così «essere alla moda».
Ma la classe agiata abbandonava quella moda nel momento in cui se ne appropriava la classe inferiore e rincorreva una diversa moda nel tentativo di nuovamente distinguersi come classe sociale dalle altre.
In altre parole, finita una moda a causa di divulgazione e omologazione, ne cominciava subito un’altra per ricreare la distinzione. «Collegare e separare» sono le due funzioni fondamentali della moda, che «si congiungono indissolubilmente».
Il pensiero di Georg Simmel
La moda è «un semplice prodotto di necessità sociali o anche psicologico -formali», provato dal fatto che «le sue forme non hanno quasi mai una ragione rispondente a finalità pratiche, estetiche o di altra natura». In particolare il sociologo tedesco Georg Simmel ha affermato che l’«imitazione» è «figlia del pensiero e dell’assenza di pensiero». L’ha espressa come «il trasferimento della vita di un gruppo nella vita individuale».
Così Simmel nel suo saggio sulla «Moda», ha descritto i caratteri e affrontato le problematiche delle società moderne. Il suo pensiero è stato e influenzato dalla «teoria della classe agiata» e dal «consumo vistoso» di Thorstein Veblen.
Poi è riuscito a ispirare le discussioni successive sulla moda. É stato lui e cogliere alcune costanti del fenomeno sociale, a partire dal dualismo differenziazione, cambiamento– coesione, stabilità, nonché alcune tendenze destinate a ulteriori trasformazioni.
Articolo di Michaela Giorgianni