L’ABC dell’attivismo nella banlieue senegalese

L’ABC dell’attivismo nella banlieue senegalese

La vita di giovani artisti senegalesi tra i morti in mare e la voglia di ripartire

 

Misuriamo la dinamicità di un paese con la sua presenza istituzionale. Più c’è Stato, più i suoi cittadini sono proattivi e impegnati. Ma ci sono posti nel mondo, in cui sebbene lo Stato manchi del tutto, si reggono sulla spinta propulsiva di semplici persone. Chi conosce le periferie italiane sa quanto le realtà associative provano, arrancando, a riempire dei buchi istituzionali, creando esperienze di scambio e opportunità. Yeumbeul è una periferia tra la periferia del mondo dell’Africa Occidentale. Qui lo Stato sono delle ragazze e dei ragazzi che si mettono insieme per far cose. A.B.C. (Académie Banlieue Culture) per esempio, fa musica.

In una lunga intervista, il suo fondatore, Amath Sarr, mi spiega come è nata l’idea di fondare un’associazione e cosa li spinge a rimanere in Senegal.

 

ABC è nata nel 2018. Io stesso sono un artista, suono il basso e faccio rap, e nel 2018 abbiamo celebrato il diciottesimo anniversario della nascita della nostra band: Attentrap. Abbiamo ritenuto interessante l’idea di fondare un’associazione a Yeumbeul, perché qui nelle banlieue ci sono molti giovani che vogliono fare musica e diventare artisti, ma incontrano problemi. Durante la nostra carriera artistica abbiamo avuto tantissime difficoltà, perché non c’è lavoro. Quindi abbiamo deciso di mettere la nostra esperienza a servizio dei giovani.

 

 

Il presidente dell’associazione ABC, Amath Sarr

Il Senegal è un paese con un alto tasso di disoccupazione. Ma immagino che per chi voglia fare arte e musica sia ancora più difficile trovare un lavoro ed emergere. Come fate voi a sopravvivere con la vostra musica?Si, per gli artisti la dimensione del lavoro è diversa. Noi abbiamo incontrato molti problemi. Facciamo musica da quando eravamo studenti. Poi siamo andati all’università, ci abbiamo speso degli anni, abbiamo iniziato a lavorare, ma abbiamo sempre continuato a fare musica. E per fare bella musica, come noi la volevamo, dovevamo lavorare, per pubblicare degli album, per creare il nostro studio di registrazione….Soprattutto all’inizio, io e i miei amici abbiamo avuto molte difficoltà, in Senegal sicuramente non è facile, ma è importante fare esperienza ed imparare.

 

 

Che album avete pubblicato?

Nel 2010 è uscito “Sunu Wall” (dalla nostra parte ndr).

 

Le vostre canzoni sono in francese o wolof?

Entrambe. Ma per la maggiore scriviamo in wolof. Questa lingua ci permette di arrivare alle persone delle periferie, di parlare dei loro problemi, della vita quotidiana, del lavoro, di identità culturale, ma parliamo anche di amore. Inteso come messaggio globale, di pace e felicità. Le nostre canzoni parlano quindi di quotidianità, parlano di noi.

 

Quando hai cominciato a fare musica?

Nel 2000, avevo quasi 13 anni. Ho iniziato con i miei compagni di scuola. Ascoltavamo il rap afro-americano come quello di Tupac, ma anche molti gruppi senegalesi: Positive Black Soul, Daaraji o i BMG 44, un gruppo storico della banlieue. Loro sono i pionieri della cultura urban in Senegal. Per noi il rap africano è questo, perché da bambini ascoltavamo la loro musica e facevano rap così.

 

Che tipo di attività svolge l’ABC?

Per quanto riguarda la nostra associazione, noi ci concentriamo molto sulla formazione degli artisti. Inoltre dal 2019 organizziamo a Yeumbeul l’AS’ARTS FESTIVAL, che non è solo un festival di musica, ma anche di imprenditoria. Con questo intendiamo dire che nell’arte ci sono degli affari, c’è del lavoro. Molto spesso a noi artisti ci trattano come dei disoccupati, ma c’è un lavoro duro alle spalle. Mi dicono “ah sei un musicista? E qual è il tuo lavoro?”. Durante il festival facciamo tantissimo. Quest’anno si terrà dal 7 al 14 novembre, ci saranno proiezioni di film, concerti, esposizioni di murales…

Locandina dell’As’arts Festival

Tutte queste attività la vostra associazione come le finanzia?

Innanzitutto i membri dell’associazione lavorano in maniera gratuita. Le nostre attività sono finanziate da progetti che vengono aperti grazie ai fondi di donatori. I nostri bailleurs sono per la maggior parte internazionali. Ci sono anche alcuni senegalesi, ma con loro si creano soprattutto partnership, per cui non ci forniscono finanziamenti, ma materiale per il lavoro. Non è molto, ma pur sempre qualcosa.  Così proviamo a sopravvivere e ad esistere.

 

Quanto è importante per voi sensibilizzare sul tema dell’immigrazione?

Il nostro impegno contro la migrazione irregolare deriva dalla motivazione che c’è dietro. Conoscevo molti giovani che abitavano nel mio quartiere che hanno deciso di partire con la pirogue (la tipica imbarcazione senegalese utilizzata spesso per traversate verso l’Europa ndr) e ora sono morti. Anche le notizie che leggo sul tema. Quella che mi ha colpito più di tutte riguardava un’imbarcazione arrivata a Lampedusa e respinta dal governo italiano. Inoltre anche quando arrivano, che vita fanno? In Europa ho visto molti giovani africani per strada, a chiedere l’elemosina, in Senegal non farebbero questa fine. Avrebbero sicuramente pochi soldi, ma vivrebbero dignitosamente.

 

Dunque tu sei stato in Europa?

Si, ho vissuto 5 mesi in Francia. Era il 2020. Lì ho incontrato molti miei connazionali che mi hanno detto “se avessi saputo che avrei vissuto così, non sarei mai partito. Sarei rimasto in Senegal, avrei lavorato…” Questo è il problema, le persone che vengono dal Senegal e che arrivano in Europa, si aspettano che qui ci sia molto denaro…

 

C’è un’immagine dell’Europa molto edulcorata…

Esatto. E’ questo che mi porta a voler coinvolgere i ragazzi che vogliono partire, cercare di parlarci, di convincerli a restare e sensibilizzare sui rischi dell’immigrazione irregolare.

 

Cosa pensi delle politiche migratorie europee?

Credo che vadano cambiate e vada limitata l’immigrazione irregolare in favore di quella regolare. La maggior parte della gente che parte con la barca ha depositato il dossier per l’ottenimento del visto e non l’ha ottenuto, per le ragioni più svariate: non è informata, non è ben indirizzata, magari il dossier non è stato scritto correttamente. L’Europa dovrebbe facilitare gli spostamenti di persone, non ostacolarlo, solo in questo modo non ci saranno più africani morti in mare. Infatti se noti ci sono molti migranti di ritorno in Senegal, persone che sono andate in Europa e ora lavorano qui. Sono giovani che non avevano molti soldi, hanno visto coi loro occhi com’è veramente l’Europa e hanno deciso di tornare. Credo che sia normale, perché il Senegal è un paese giovane. I giovani hanno energia e voglia di volare in Europa, non pensano, non hanno maturità, pazienza. Ci sono molti ragazzi che potrebbero servire in Europa, e aiutarli ad arrivare in maniera regolare aiuterebbe loro e voi (europei).

 

Oggi come vedi il tuo futuro e quello del tuo paese? Credi che le due strade si incontreranno? E cosa pensi del futuro della tua associazione?

Mi verrebbe da dire come un avvenire. Siamo nel 2021, nel 2025 avrò qualcosa come 40 anni, significa che avrò molta esperienza. Beh, io sto lavorando su un progetto di cooperazione internazionale, che consiste nel portare in Senegal l’arte della marionetta. La squadra è composta da artisti europei che vogliono formare dei giovani commedianti senegalesi per i giochi olimpici della gioventù del 2026. Infatti il Senegal sarà il primo paese africano ad organizzare i giochi.

Per quel che riguarda la nostra associazione, credo che  riuscirà veramente ad avere un impatto sulla banlieue e a fare attività per la popolazione. Ma abbiamo bisogno di giovani leaders capaci. Non parlo di me, ma di noi. La riuscita dell’associazione dipende dalla squadra, dunque parlo di leadership di gruppo. E’ insieme che bisogna fare, è insieme che bisogna creare, è insieme che bisogna risolvere i problemi. Allargando il discorso al Senegal, ti posso dire che siamo un paese giovane, dinamico, ma anche molto ambizioso. Probabilmente nel 2030-2035 il Senegal sarà un paese veramente emergente, con molti investitori esteri.

 

L’energia dei giovani, di cui Amath parla, la puoi vedere negli adolescenti senza barba che salgono sui car rapide (autobus senegalesi) e che tengono il conto dei biglietti reggendosi alla porta aperta, rischiando di cadere, o quando trascinano sulle spalle sacchi pesantissimi sotto il sole. ABC lavora affinché giovani così restino in Senegal e coltivino il loro talento. Non c’è Stato, non ci sono istituzioni, ma persone.

 

Negli ultimi minuti della nostra intervista Amath ed io abbiamo parlato del fatto che entrambi siamo stati vittime di razzismo sia in Europa che in Africa e che il razzismo, in quanto derivazione dell’ignoranza  è presente ovunque. “È assolutamente normale trovare persone razziste. Credo che la maggior parte dei razzisti siano persone che non sono state educate a comprendere l’altro, Ma credo che se ci fosse una politica più equilibrata ci sarebbe anche una riduzione. Noi viviamo nel pianeta terra, la gente dovrebbe imparare ad amarsi di più. Questo è il nostro messaggio, in quanto associazione e in quanto artisti per dire che bisogna insegnare all’altro a rispettarsi a vicenda”.

 

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Tatiana Noviello