Le dinamiche del razzismo e delle sue manifestazioni in Italia.
L’uccisione dell’afroamericano George Floyd da parte di un agente di polizia hanno scatenato rivolte contro il razzismo in tutto il mondo.
Intervista a Udo Enwereuzor, responsabile tematico COSPE Onlus su Migrazioni, Minoranze e Diritti di cittadinanza, rappresentante italiano del Migration & Development Task Force di CONCORD Europe.
Le tragiche vicende di Minneapolis, che hanno portato all’ennesima morte di un cittadino afroamericano causata dall’eccessivo uso della violenza da parte della polizia, hanno smosso le coscienze dei cittadini in molti Paesi dove si sono svolte manifestazioni e comizi pubblici per dimostrare la propria solidarietà agli afroamericani, troppo spesso vittime innocenti di un razzismo cieco e radicato nella società civile.
Pensiamo sia interessante illustrare le dinamiche del razzismo e le sue manifestazioni in Italia, facendo un confronto con le dinamiche statunitensi sia sul piano sociale ma, soprattutto, sul piano politico.
Per parlarne, intervistiamo Udo Enwereuzor, responsabile tematico COSPE Onlus su Migrazioni, Minoranze e Diritti di cittadinanza, rappresentante italiano del Migration & Development Task Force di CONCORD Europe, che svolge un’intensa attività di ricerca, formazione e consulenza sui temi della promozione dei diritti e delle politiche di integrazione degli immigrati in Italia.
Il razzismo in Italia esiste? Come si è evoluto nel corso degli anni e come si manifesta?
“Il quadro che ci si presenta oggi, è molto vario e, rispetto al passato, è molto cambiato. Non siamo più nella fase in cui dobbiamo spendere energie per far capire che c’è un problema. In passato per molti il razzismo, semplicemente non esisteva. Al momento l’esistenza del problema non è messa più in discussione, tranne che da alcune frange politiche dell’estrema destra. Sul piano delle politiche pubbliche c’è stata una fase in cui, trainati dall’Europa si è stati costretti a prendere coscienza, provvedimenti e misure, per quanto non efficacissime, ma c’è stata l’assunzione della responsabilità istituzionale, c’è stato un impegno nei confronti del razzismo. Nonostante questo oggi, in Italia, il razzismo esiste, nelle sue forme meno evidenti, come la difficoltà all’accesso ai servizi, e nelle sue forme più brutali, quelle più facile da riconoscere”.
Qual è la differenza tra razzismo in Italia e razzismo negli Usa?
“Le forze di polizia negli Usa nei confronti di afroamericani esercitano spesso un potere non commisurato al proprio ruolo, perché se un poliziotto può sparare per uccidere, decide (male) sia come giudice, sia come giuria che gli dà ragione e sia come boia uccidendo. La solidarietà che si è manifestata nel mondo è la speranza, mia e di molti, che ci sia un impulso a una ripresa del problema, una rinnovata attenzione e alla creazione di un movimento di massa che riporti alla luce i problemi di razzismo ovunque ci siano. Le manifestazione contro il razzismo della polizia negli Usa, non sono iniziate oggi e neanche nel 2014 a seguito dell’uccisione di Michael Brown nel Missouri. Tutte le rivolte degli afroamericani degli ultimi 40 anni sono state contro le uccisioni della polizia e contro la violenza inaudita da questi utilizzata. Le nostre manifestazione specifiche di razzismo da parte della polizia sono molto diverse, molto meno evidenti, come la profilazione del piano etnico razziale su chi perquisire e chi fermare, chi respingere alle frontiere: questo è discriminante e su questo bisogna lavorare. Inoltre spesso ci si è focalizzati sul discorso odio (hate speach) ma il problema è anche la manifestazione d’odio: non si tratta solo una questione di sentimenti individuali ma di comportamenti anche istituzionali che creano legittimazione a deumanizzare gli altri e, deumanizzando si creano, volenti o nolenti, vittime …non c’è per forza un rapporto di causa effetto, ma potrebbe.”
La speranza di molti è che il razzismo e le sue odiose manifestazioni spariscano dalle nostre società. Che prospettive ci sono per il futuro?
“C’è speranza che in momenti storici come questo che stiamo vivendo si arrivi alla presa di parola da parte dei gruppi bersaglio, le vittime potenziali. Più le vittime saranno coinvolte, più i numeri saranno alti, più la situazione cambierà e diventerà meno critica. Certamente qualcosa avverrà, non so con quale velocità, ma prendere la parola, non solo in forma privata, non solo tramite la via della testimonianza ma come soggetti, cittadini, richiamando problemi specifici non per quello che si fa ma per chi si è, porterà a cambiamento. Già ci sono dei cambiamenti”.
Il razzismo è un fenomeno complesso con radici profonde e mai davvero estirpate. I moti antirazzisti delle ultime settimane fanno ben sperare in una svolta che porti, società civile e istituzioni, a intraprendere nuove strade di lotta al fenomeno e tutela delle vittime. Probabilmente ci vorrà del tempo e non sarà facile ma è nell’interesse di tutti far in modo che le forme di discriminazione, tutte le forme di discriminazione, vengano se non eliminate, quantomeno gestite e punite opportunamente.