Le disuguaglianze della globalizzazione. È possibile una via d’uscita?
Le disuguaglianze della globalizzazione– La globalizzazione, quale fenomeno culturale, economico, sociale e politico, che crea interconnessioni e omologazioni, conserva ancora una incerta origine ma ha subito una forte accelerazione a partire dagli anni Ottanta ed è ormai entrato da alcuni decenni nel lessico comune (Levitt). Si parla così di economia globale, società globale, villaggio globale (M. McLuhan), città globale (S. Sassen).
Un fenomeno che continua a suscitare reazioni contrastanti, positive e negative, per i suoi effetti nel sistema economico, sociale e ambientale. Tra gli aspetti positivi si annoverano certamente l’accelerazione delle comunicazioni e della circolazione delle informazioni, la crescita economica e l’aumento della concorrenza, la contrazione della distanza spazio-temporale. Tra gli aspetti negativi, il degrado ambientale, l’aumento delle disparità sociali, la riduzione della sovranità statale, la delocalizzazione della produzione e la progressiva perdita dell’autonomia e delle identità locali e delle tradizioni popolari. Come ha evidenziato Bauman, la globalizzazione divide quanto unisce. Divide mentre unisce, e le cause della divisione sono le stesse che, dall’altro lato, promuovono l’uniformità del globo.
Le disuguaglianze globali
In particolare si osserva come siano nate nuove disuguaglianze, che costituiscono un ampliamento di disuguaglianze esistenti o rappresentano nuove disuguaglianze. Per una critica rispetto allo sviluppo della società, dell’economia e delle istituzioni, Luciano Gallino nei suoi scritti sulla globalizzazione ha parlato di “disuguaglianze globali” che comprende diversi significati, potendo riguardare la speranza di vita alla nascita, l’istruzione, l’abitazione, il consumo di risorse naturali, il reddito, e varia a seconda del paese, dello strato sociale e del genere della persona.
Così sono più di un miliardo le persone, soprattutto in Africa, Asia e America Latina, che vivono in slum, conurbazioni degradate che si estendono per chilometri attorno alle grandi metropoli. Le disuguaglianze economiche all’interno della popolazione sono molto marcate con riferimento al reddito, in particolare il reddito da lavoro nei paesi in via di sviluppo, che non assicura una vita dignitosa e con orari di lavoro disumani e in assenza di protezione sociale. Ma le disuguaglianze sono evidenti anche fra le retribuzioni massime e minime dei dipendenti nelle imprese. Si tratta di disuguaglianze che sono globali, perché sono visibili e comparabili in tutte le parti del mondo e sono percepite in modo diffuso come ingiuste. Sono disuguaglianze mondiali che sono indice di povertà estrema e subiscono le dinamiche di fattori internazionali. Nel complesso la situazione mondiale è caratterizzata da una “fortissima polarizzazione dei redditi”.
Le cause delle disuguaglianze delle globalizzazione
Le ragioni del permanere di queste disuguaglianze globali vengono spiegate in diverse maniere, a seconda che siano considerate delle semplici “disfunzioni” del sistema o se piuttosto siano una naturale e intenzionale conseguenza dello stesso.
La prima interpretazione, quella adottata dall’ortodossia economica, nutre fiducia nella crescita economica per ridurre la povertà e nel processo di globalizzazione economica, che avrebbe già ridotto le disuguaglianze di reddito in molti paesi e pertanto andrebbe esteso. Lo stesso sviluppo del mercato globale e gli automatismi del mercato sarebbero di per sé in grado di ridurre le disuguaglianze di reddito.
La seconda concezione invece spiega l’effetto produttivo di disuguaglianze dell’attuale sistema, che si appoggia sulla creazione di una ampia massa di lavoratori caratterizzata da “bassi salari” e da “un’occupazione insicura”. In questo modo si è formato un esercito di “lavoratori poveri”, che lavorano regolarmente ma sono sottopagati e indebitati e si trovano sotto il livello di povertà. E con vari mezzi, a partire dalla perdita di autorità degli Stati nazionali, dalla liberalizzazione e dalla deregolazione del mercato, si è sostituita l’occupazione formale, regolata da “contratti collettivi a tempo pieno e di durata indeterminata” con una informale, “priva di inquadramento giuridico, di tutele da parte dello Stato, e di sostegno sindacale”.
Inoltre sono state operate “larghe e durature redistribuzioni di reddito dal basso verso l’alto”, con interventi a livello nazionale e internazionale, aumentando in questo modo le “disuguaglianze di reddito tra la base e la sommità della piramide sociale” del modello mondiale.
Se questo è lo stato attuale, lo scopo deve sempre essere invece quello di combattere le disuguaglianze sociali ed economiche insite nelle strutture della società attraverso quella parte sociale e politica che esprima istanze reali e decida di non piegarsi agli artifici del neoliberalismo.
Michaela Giorgianni