Le leggi suntuarie: le origini del dress code fra lusso e discriminazioni

Le leggi suntuarie: le origini del dress code fra lusso e discriminazioni

Le leggi suntuarie– Se la moda rappresenta in senso positivo un modo di esprimere la propria personalità e comunica la necessità di distinguersi o di omologarsi, essa è stata altrimenti osservata in diverse epoche, in diversi luoghi e con diverse motivazioni, sociali, politiche ed economiche, anche come un segno di frivolezza e di lussuria.

Cosa sono le leggi suntuarie

Proprio questa considerazione della moda avrebbe giustificato l’emanazione delle cosiddette leggi suntuarie (dal lat. leges sumptuariae), che hanno tentato di «disciplinare il lusso» e hanno caratterizzato notoriamente la storia dell’Europa, ma anche delle Americhe, dell’Asia e dell’Africa, nel Medioevo e nella prima età moderna (Riello).

Questi provvedimenti legislativi, a prescindere dalla loro attuazione in città, stati o imperi, dovevano essere in via generale la risposta a una generale disapprovazione morale rispetto al consumo «suntuoso» e superfluo, alle spese eccessive sull’abbigliamento, sui preziosi ornamenti e sulle cerimonie, considerate espressione di spreco e ostentazione.

Ma erano leggi che, se da un lato erano dirette a contenere il consumo di lusso e favorivano la produzione e il commercio locale rispetto all’importazione, dall’altro lato miravano a preservare lo status quo.

Erano una sorta di «tassa sul lusso» per coloro che potevano permettersi sia gli abiti che il pagamento delle multe in caso di violazione dei divieti.

leggi suntuarie

Conseguenze della “tassa sul lusso”

La moda, non solo di lusso, è sempre stata anche un modo per evidenziare le diseguaglianze nella società, acuendo le separazioni fra ceti, le discriminazioni di genere e assecondando l’emarginazione sociale.

Molte leggi suntuarie oppressive imponevano così dress codes fondati sulla scala gerarchica e accordavano il privilegio di indossare certi capi d’abbigliamento, quali segni di ricchezza, a coloro che si trovavano ai livelli più alti, mentre lo vietavano alla popolazione povera (Hemphill, Hunt).

Anche se la legislazione suntuaria era rivolta a tutti, essa prevedeva quindi divieti diversificati in base al ceto di appartenenza. Le differenze potevano riguardare lo stile o il valore degli abiti o le stoffe e i tessuti impiegati, in modo da creare un legame fra moda e struttura gerarchica e contrastare la tendenza dei ceti inferiori a voler indossare un abbigliamento paragonabile a quello della nobiltà, «costringendo addirittura i poveri a mostrare la loro povertà» (Jimenez, Kolsun).

Esempi di leggi suntuarie

Così con riferimento alla legislazione inglese che disciplinava l’abbigliamento per rimarcare le gerarchie sociali, si ricorda anche quel provvedimento diretto a stimolare il commercio della lana, che impose a tutti i cittadini di indossare berretti di lana in pubblico ad eccezione della nobiltà.

Più di recente, poi, l’attenzione si è rivolta in particolare alle leggi che proteggono lo status dei beni di lusso, dall’anticontraffazione alla proprietà intellettuale, che nel preservare dei privilegi, sarebbero paragonabili alle leggi suntuarie.

In definitiva la storia delle leggi suntuarie affronta le questioni politiche, sociali ed economiche nelle diverse epoche (Muzzarelli) e rispecchia in questo modo la storia.

Articolo di Michaela Giorgianni

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Redazione Proposte UILS