Nessuno resti indietro
Se da un lato la digitalizzazione del sistema sanitario costituisce un’occasione di miglioramento per l’ottimizzazione e la qualità delle prestazioni mediche, i benefici dell’innovazione non saranno garantiti a tutti i cittadini a causa di profonde disparità sociali e regionali.
Sono molti gli anziani che si imbattono in “disavventure digitali”. Perché non hanno molta dimestichezza con i dispositivi elettronici e neppure la possibilità di venire assistiti adeguatamente in procedure che ormai sono da effettuare obbligatoriamente online.
Tuttavia, il divario digitale in Italia non colpisce solo le persone in età matura, ma anche chi non può disporre di una connessione internet ad alta velocità perché vive in zone rurali, oppure perché non possiede dispositivi e competenze digitali sufficienti benché ormai necessarie.
Che cosa succederà quindi una volta che il servizio sanitario nazionale sarà investito da una sempre più incisiva opera di digitalizzazione?
In generale, sono molte le sfide di questa operazione strutturale di rinnovamento del SSN. Fortemente finanziata attraverso il PNRR, insieme ai progetti pilota per la realizzazione di Case e Ospedali di Comunità, essa prevede lo sviluppo della Cartella Clinica Elettronica (CCE) e della Telemedicina. Con queste ultime in particolare, si prevede di poter raggiungere notevoli obiettivi di qualità ed efficienza nell’accesso ai servizi. E questo grazie alla velocità offerta dalla trasmissione digitale di informazioni mediche. Fondamentali in molti casi anche per salvarci la vita.
È quanto accaduto per esempio a Bari, dove un uomo colpito da aneurisma – come riportato da ANSA – è stato salvato grazie alla tempestività con la quale i medici hanno potuto studiare il caso, predisponendo in anticipo la sala operatoria proprio grazie alla trasmissione digitale della Tac mentre il paziente era ancora in ambulanza per il trasferimento in ospedale.
Anche la telemedicina, ovvero la consulenza medica a distanza, potrebbe aiutare a sgravare il sistema e facilitare l’accesso alle cure dei cittadini. Ciò nondimeno, procedure sempre più sofisticate e investimenti ingenti nelle infrastrutture tecnologiche – che per un verso potrebbero dimostrarsi una vera rivoluzione per la sanità pubblica – non metteranno al riparo da gravi disparità.
La CCE, la piattaforma digitale che consente ai medici di accedere alle informazioni sui pazienti, è un punto chiave della digitalizzazione, tuttavia la sua adozione varia fortemente a dipendenza delle strutture sanitarie e delle Regioni. E le aree maggiormente depresse economicamente, così come le zone rurali a connettività limitata, risentiranno con grande probabilità del vuoto infrastrutturale.
Dai dati Istat pubblicati nel dossier I divari territoriali nel Pnrr: dieci obiettivi nel Mezzogiorno, emerge infatti che nel Sud Italia il 60% circa dei residenti ha opportunità ridotte di accesso a Internet veloce in una situazione già critica sul piano dell’invecchiamento della popolazione e della garanzia dei livelli essenziali di assistenza messi alla prova dalla contrazione della spesa pubblica nella sanità.
Inoltre, le differenze nell’accesso all’educazione digitale, sia per i pazienti che per il personale sanitario, possono essere altrettanto determinanti. E anche in questo caso si differenziano per le risorse disponibili a livello locale e regionale.
Se quindi non verranno messi in atto progetti di assistenza digitale adeguati e sostanziali, se non si verificheranno gli esiti concreti delle strategie intraprese per diffondere la cultura digitale, quella che può essere una fonte di sviluppo sul piano dell’accesso alle cure mediche, e quindi più in generale del miglioramento delle condizioni di vita, si potrebbe al contrario trasformare per molti in una inaccettabile privazione.