Non solo bombe, in Ucraina anche gli stupri sono un’arma di guerra
Nella guerra tra Ucraina e Russia i combattenti e le vittime non sono solo i soldati ma anche, e tristemente, i civili. A Bucha il conflitto ha mostrato il suo lato più straziante, quello dei crimini di guerra in Ucraina.
Kuleba denuncia i primi crimini di guerra in Ucraina
L’articolo 8 dello Statuto di Roma del 1998 che ha istituito la Corte penale internazionale, con sede all’Aia, definisce come crimini di guerra le violazioni del diritto internazionale commesse contro civili e combattenti durante i conflitti armati. Lo statuto li definisce come “gravi violazioni” delle Convenzioni di Ginevra del 1949, e comprendono più di 50 scenari, tra cui uccisioni, torture, attacchi a missioni umanitarie e anche gli stupri. Sono molti, infatti, i casi di violenza sessuale, le cui vittime sono le donne ucraine.
Il primo a denunciare i crimini di guerra in Ucraina fu il ministro egli Esteri Dmytro Kuleba una decina di giorni dopo l’inizio dell’invasione. Il ministro in un intervento al centro studi Chatham aveva parlato di «numerosi casi» di stupri compiuti dai russi in varie città ucraine, senza dare ulteriori dettagli e senza che fosse possibile verificare le sue affermazioni in modo indipendente.
Ora, invece, dopo più di un mese di guerra in Ucraina, non c’è ombra di dubbio sui fatti denunciati da Kuleba. Torturate, stuprate per ore, giorni, infine uccise, l’odio dei soldati russi verso la popolazione ucraina è nelle testimonianze di donne a cui è stato riservato un trattamento disumano. Barbarie compiute in diverse città, caratterizzate dall’uso della violenza sessuale come vera e propria arma di guerra.
Gli episodi di violenza sessuale sulle donne ucraine
Il New York Times parla di “mese del terrore di Bucha” e descrive l’episodio di una donna tenuta come schiava sessuale, costretta a rimanere nuda o coperta da una squallida pelliccia, chiusa a chiave nello scantinato prima di essere uccisa. Altre testimonianze arrivano da Brovary, località a nord est di Kiev. Secondo quanto ricostruito dalla procuratrice generale ucraina Iryna Venediktova, due soldati russi dopo aver ucciso il marito disarmato, avrebbero stuprato una donna, mentre il figlio di quattro anni era in casa.
L’organizzazione Human Rights Watch riferisce ciò che è accaduto a Malaya Rohan, città vicino a Kharkiv. Il 13 marzo un soldato russo aveva fatto irruzione in una scuola in cui si stavano rifugiando una quarantina di persone, tra cui una donna di 31 anni insieme alla figlia di 5 e ad alcuni familiari. La donna ha raccontato che il soldato le ha puntato una pistola addosso e le aveva ordinato di praticargli del sesso orale. Il militare aveva anche sparato al soffitto due volte per intimidirla, poi l’ha penetrata due volte di seguito. Le aveva anche tagliato i capelli e l’aveva ferita con un coltello. Human Rights Watch ha ottenuto alcune fotografie, datate 19 e 20 marzo, che mostrano le ferite e i segni delle violenze.
Lyudmyla Denisova, commissario per i diritti umani del Verkhovna Rada of Ukraine, afferma che ragazze tra i 14 e i 24 anni sono state violentate durante l’occupazione russa nei seminterrati delle case, molte donne sono rimaste incinte. La Denisova definisce i numeri e la realtà dei fatti come orribili atti di violenza sessuale.
Le associazioni non governative cercano di prevenire questi episodi, insegnando alle donne tecniche per difendersi. Le organizzazioni, inoltre, offrono aiuto, distribuiscono e danno informazioni su come le donne possono procurarsi contraccettivi d’emergenza. Le associazioni forniscono anche aiuti medici, legali e psicologici alle donne vittime di stupro, oltre ad organizzare rifugi sicuri. La ferocia con cui avvengono le violenze sessuali dimostrano come i russi vogliano lasciare un segno evidente del loro passaggio. Lo stupro diventa un mezzo bellico al pari dell’artiglieria e dei mezzi corazzati.
Secondo Kateryna Busol, ricercatrice del centro studi inglese Chatham House ed esperta di diritto internazionale, le violenze sessuali rientrano in una «strategia politica», il cui obiettivo è «degradare e umiliare non solo la donna e i suoi familiari, ma in qualche modo tutto il popolo ucraino».
Nadia Murad sulle violenze sessuali come arma di guerra di Ucraina
Sulla questione della violenza sessuale come arma nei conflitti è intervenuta Nadia Murad, 29 anni, yazida irachena, premio Nobel per la Pace, insieme al ginecologo congolese Denis Mukwege, per il suo impegno contro la violenza sessuale come arma in guerra e nei conflitti.
In un’intervista sul quotidiano La Repubblica del 19 aprile scorso ha analizzato le dinamiche che ci sono dietro i crimini di guerra in Ucraina. La Murad ha spiegato: «È orrendo, ma purtroppo nulla di nuovo. Nei conflitti di tutto il mondo, donne e ragazze sono vittime di violenza sessuale, come lo siamo state noi yazide. Come l’Isis, i soldati russi sanno che le donne sono una componente cruciale del tessuto di ogni comunità. Ecco perché lo stupro è un’arma di guerra e di genocidio: per distruggere le comunità dall’interno. Così, le donne subiscono i peggiori orrori e violazioni dei diritti umani».
Nadia Murad ha parlato di giustizia per le donne vittime di violenza, illustrando quali possono essere le soluzioni affinché non si ripetano atrocità simili. Ha, infatti, dichiarato: «Bisogna sradicare le radici alla base della violenza sessuale e di genere nelle nostre scuole, in casa, al lavoro. Bisogna smantellare la mascolinità tossica e la femminilità tossica. Dobbiamo insegnare ai ragazzi che le ragazze hanno i loro stessi diritti, tra cui quelli di imporsi e di essere ascoltate. Perché la violenza sessuale è radicata nella disuguaglianza di genere».
Ha poi aggiunto: «Viviamo in un mondo patriarcale in cui gran parte delle leggi -nazionali e internazionali- sono state scritte da uomini. Di conseguenza, riflettono i pregiudizi maschilisti nei confronti delle donne. Per questo motivo, la violenza sessuale è stata riconosciuta solo di recente come crimine di guerra, mentre fino a poco tempo fa spesso non costituiva neanche un crimine ordinario, ma solo vergogna e umiliazione per le donne. Non possiamo più perdere tempo: la violenza sessuale deve essere perseguita come un crimine contro l’umanità. Fino ad allora, gli stupri continueranno a essere impuniti».
Infine, ha parlato della sua associazione umanitaria “Nadia’s Initiative”, nata per dare sostegno alle vittime, e del codice Murad. Al riguardo ha detto: «È stato ideato dall’Institute for International Criminal Investigations, dalla Nadia’s Initiative e dal governo britannico, perché le sopravvissute a questi crimini spesso provano altro dolore durante le indagini e i processi contro i loro aguzzini. È accaduto anche a me: spesso gli inquirenti ignorano quanto sia difficile ricordare e rivivere quelle violenze per noi donne. Dunque, il “Murad Code” ha l’intento di proteggere le vittime e la loro fragilità».
La guerra è l’emblema del fallimento della società. Ogni arma impiegata deve smuovere le nostre coscienze e deve allarmarci ancor di più il fatto che civili, in questo caso le donne, sono usate prima come armi e poi diventano vittime. La guerra ci rivela il vero significato del temine violenza, una parola che dobbiamo eliminare dal nostro vocabolario.