Nuovo codice degli appalti, quali tutele delle condizioni di lavoro?

Nuovo codice degli appalti, quali tutele delle condizioni di lavoro?

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Lo scorso marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo codice degli appalti rubricato “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al governo in materia di contratti pubblici” (D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36). Il Codice è entrato in vigore il 1° aprile 2023 ma le disposizioni del Codice e dei relativi allegati hanno acquistato efficacia dal 1° luglio scorso, con un periodo di vigenza transitoria della vecchia normativa sino al 31 dicembre 2023 per i procedimenti in corso.
L’obiettivo perseguito dal decreto è una riforma organica della normativa sugli appalti pubblici in ragione del radicale mutamento dei tempi. Come è noto, il periodo pandemico e quello post pandemico hanno generato una crisi delle materie prime; la guerra in Ucraina ha scatenato la crisi energetica, infine, la somma delle due crisi ha accompagnato lo scoppio dell’inflazione attuale. In questo contesto assistiamo ad una profonda trasformazione del mercato rispetto al quale l’organizzazione del lavoro sembra dover fare i conti con una imprevedibilità strutturale che lambisce anche mondo degli appalti.
Il PNRR – piano nazionale di ripresa e resilienza dell’Unione europea-, ha previsto un’ingente quantità di investimenti pubblici come motore dell’innovazione del nostro Paese. In quest’ottica il nuovo Codice degli appalti è la risposta al bisogno di semplificare e rendere più efficienti le procedure anche per la gestione di questi fondi. Il concetto di “semplificazione” genera timori sia in materia di anticorruzione che in materia di salute e sicurezza sul lavoro e l’efficacia e la puntualità nella realizzazione delle opere non può essere disgiunta dal rispetto della legalità al fine raggiungere l’obiettivo di “di lavorare con celerità per fornire beni e servizi ai cittadini”, come pronosticato dalla nota al Codice del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 28 marzo 2023.
A fronte delle critiche sollevate da più parti sui rischi derivanti dall’istituzionalizzazione del c.d.”appalto integrato”, ossia dell’affidamento della progettazione e dell’esecuzione dei lavori allo stesso operatore, e del c.d. “subappalto a cascata” notoriamente fonte di dumping contrattuale e fattore di rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori, il nuovo codice presenta numerose disposizioni a garanzia delle condizioni di lavoro e di sicurezza dei lavoratori impiegati nell’esecuzione dei contratti, alcune delle quali a carattere innovativo.

                                                 Lavoro e sicurezza

In particolare, l’art. 11 sancisce il principio dell’applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Il personale impiegato nelle opere, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni, infatti, deve essere sottoposto all’applicazione del contratto collettivo nazionale e territoriale vigente per il settore e la zona in cui si svolgono le prestazioni lavorative. L’indicazione nell’offerta di un contratto collettivo diverso è ammessa purché questo garantisca ai dipendenti le stesse protezioni previste
dal contratto indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente e in questo caso, prima di procedere con l’aggiudicazione, la stazione o l’ente richiedono una dichiarazione di equivalenza delle tutele. In tema di subappalto l’art. 119 prevede tra le condizioni di ammissibilità che “Il subappaltatore, per le prestazioni affidate in subappalto” garantisca “gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto” riconoscendo “ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale.”.
In tema di responsabilità, in ossequio al principio sancito dall’art. 26, D.lgs. 81/08, l’intero corpus della riforma pone al centro il committente quale soggetto che ha l’obbligo della corretta ed efficace selezione delle imprese e dei lavoratori autonomi, al quale è affidata la strategia della progettazione della sicurezza sin dalla fase della programmazione dei lavori. Accanto, vi è la nuova figura del Responsabile unico del progetto (ex Responsabile unico del procedimento) – RUP – nominato dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti tra i propri dipendenti, il quale ha il compito di vigilare “sul rispetto delle norme poste a presidio della sicurezza e della salute dei lavoratori.” (All.I.2, art. 6) durante la fase di esecuzione, svolgendo una serie di attività di controllo anche insieme con altre figure.
Tra le misure più innovative viene in evidenza lo strumento del “fascicolo virtuale dell’operatore economico” (art. 24), il quale consente la verifica dell’assenza delle cause di esclusione di cui all’ articolo 95 in riferimento a “gravi infrazioni, debitamente accertate con qualunque mezzo adeguato, alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014”. Questa norma si raccorda con la previsione di cui all’art.27, c.1-bis del D.Lgs. 81/08 sulla qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi nel settore dell’edilizia. Il fascicolo virtuale, infatti, consentirà la verifica in regime di interoperabilità dell’idoneità degli operatori economici anche in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
A conclusione di questa breve disamina dobbiamo rilevare come la riforma varata dal Governo Meloni sia il risultato di una “staffetta” a partire da decisioni politiche sostanziali assunte dal precedente Governo, di cui il nuovo Codice degli appalti è strumento di esecuzione. In riferimento alla normativa sulla sicurezza facciamo nostra la riflessione dell’Ing. Marco Masi, coordinatore del Gruppo di Lavoro “Sicurezza Appalti” in ITACA, che in una recente intervista sul tema ha evidenziato come le attività di vigilanza e le sanzioni – seppur indispensabili – devono essere precedute da un’attività “culturale” volta a promuovere i temi della salute, della legalità e della sicurezza del lavoro tale che quest’ultima possa essere assunta a indicatore di “qualità” di impresa, obiettivo non ancora raggiunto.

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Redazione Proposte UILS