“Pandemia di coups d’état”, cede anche il Gabon
L’ennesimo golpe nei Paesi dell’Africa centro-occidentale alimenta le preoccupazioni internazionali per un “contagio autocratico”. In molti si interrogano sulla metamorfosi della Françafrique e Macron punta il dito contro “autoproclamati panafricani e neo-imperialisti”.
Sembra che in Africa centro-occidentale un golpe tiri l’altro. L’ultimo, in Gabon, della fine di agosto, è l’ottavo colpo di stato a colpire l’area in soli tre anni.
Il 26 agosto, le nuove elezioni segnano la terza vittoria di fila di Ali Bongo Ondimba, da quattordici anni al potere. Figlio d’arte – la sua famiglia è alla guida del Paese da più di cinquant’anni –, secondo i risultati ufficiali, Bongo si sarebbe preso una vittoria schiacciante contro gli avversari, ottenendo il 64,27% dei voti. Tuttavia, questa volta qualcosa non funziona. Poche ore dopo la vittoria, un gruppo di undici militari si insedia negli studi di Gabon 24, la televisione pubblica, per annunciare la “dissoluzione di tutte le istituzioni” e la “fine del regime” in nome della pace. Tre le ragioni principali che hanno mosso i putschisti. La prima, il risultato delle elezioni che “non ha soddisfatto le condizioni di uno scrutinio trasparente, credibile e inclusivo tanto auspicato dalla popolazione”. La seconda, un “governo irresponsabile e imprevedibile che si traduce in un continuo deterioramento della coesione sociale”. Infine, lo stato di salute di Bongo, che sembra non essersi mai ripreso del tutto dopo l’ictus che lo ha colpito nel 2018, rendendolo così non più idoneo a guidare il Paese.
Dopo aver preso il controllo, i golpisti avrebbero messo ai domiciliari l’ormai ex Capo di Stato, per poi nominare il generale Brice Oligui Nguema come “Presidente della transizione”. Intervistato dal quotidiano francese Le Monde, Oligui ha dichiarato che il coup d’état è nato dal “malcontento” della popolazione nei confronti della leadership di Bongo. «È in pensione e gode di tutti i suoi diritti. È un gabonese normale, come tutti gli altri» ha detto. «Le forze di difesa e di sicurezza del nostro Paese si sono assunte le proprie responsabilità respingendo il colpo di stato appena dichiarato dal Centro elettorale gabonese, a seguito di un processo elettorale scandalosamente parziale».
Il Gabon è un piccolo Paese con poco più di due milioni di abitanti molto ricco di risorse naturali minerarie e petrolifere, tanto da rientrare fra i produttori petroliferi dell’Opec ed essere il quarto Paese dell’Africa subsahariana per output di greggio. Dopo il Covid e la guerra in Ucraina, però, la sua – che era definita un’economia pressoché stabile – ha subito un indebolimento significativo, nonostante la crescita nel 2022 fosse stata del 3%. Il livello di povertà, la disoccupazione under 24 ad oltre il 40% e l’inflazione hanno piegato la qualità della vita. A nulla sono valsi gli sforzi di Bongo per l’istituzione di un ministero ad hoc che affrontasse il rincaro dei prezzi.
Lo scorso 17 agosto, in un discorso in occasione del giorno dell’indipendenza, Bongo aveva dichiarato che non avrebbe mai permesso che il Gabon finisse “ostaggio di tentativi di destabilizzazione”. Oggi, tuttavia, centinaia di persone festeggiano la sua destituzione per le strade di Libreville, la capitale. Ma se in Gabon il sentimento largamente condiviso è gioioso, dalla comunità internazionale arrivano incessanti appelli a una soluzione diplomatica per la messa in sicurezza del Paese. A far sempre più paura, è il possibile cosiddetto “contagio autocratico” che da tre anni ha investito e continua a minacciare l’area subsahariana del continente africano.
Fra i più preoccupati per la situazione c’è senza dubbio la Francia di Emmanuel Macron che si interroga su quanto sia forte oggi la portata francese nella zona. Lo scorso anno, infatti, il Gabon – ex colonia francese – è uscito dalla Francosfera per entrare a far parte del Commonwealth. Recentemente, poi, il Camerun ha preso parte al vertice tenuto a San Pietroburgo fra Russia e Africa. «L’Africa si sta globalizzando» ha affermato Amaury Coutansais, giornalista e autore del libro Macron’s African Trap”. «Le opposizioni in Africa pensano che la Francia sia ancora onnipotente. In realtà, mentre la Francia faceva il lavoro sporco di polizia, gli altri si accaparravano i contratti. Oggi i presidenti africani hanno il mondo intero nelle loro sale d’attesa: Turchia, Russia, Israele, persino alcuni alleati della Francia, come Germania e Stati Uniti».
In un discorso del 28 agosto, Macron ha denunciato la situazione di disordine che sta caratterizzando il Gabon. Secondo lui la “recente pandemia di coups d’état nell’Africa francofona” sarebbe stata provocata dalla “barocca alleanza fra autoproclamati panafricani e neo-imperialisti”, dove gli ultimi stanno per Russia e Cina. Entrambi i Paesi, difatti, avrebbero inculcato idee sbagliate nelle avide menti degli aspiranti golpisti, fomentando così vecchie discussioni sulla sovranità e sul colonialismo. Per questo motivo, il Presidente francese ha tenuto a ribadire che oggigiorno la Francia si trova nella regione del Sahel non per sopraffare le ex colonie, ma piuttosto perché “esiste una reale minaccia terroristica e gli Stati sovrani ci hanno chiesto di essere aiutati”. Lo stesso Macron, in occasione di una visita a Libreville dello scorso marzo, aveva detto: «L’era della Fraçafrique è finita. Oggi la Francia è un partner neutrale nel continente».
Non la pensa allo stesso modo l’opposizione. Da un lato Mélanchon descrive il governo “amico dei regimi”. Dall’altro Hollande afferma che “c’è stata una forma di accettazione dei colpi di stato”.
Sebbene non si tratti più della Francia dei tempi di Omar Bongo – padre di Ali, attaccatissimo al Paese europeo – gli occhi dell’Eliseo e della nazione intera rimangono puntati sulla regione. Che questa situazione generale possa avere delle implicazioni su Macron alle prossime elezioni?