Prime donne ai vertici, siamo davanti a un vero cambiamento?
Da Christine Lagarde a Maria Chiara Carrozza, da Ursula von der Leyen a Alessandra Galloni, sono solo alcuni esempi di prime donne arrivate ai vertici. Il termine “prime” è da intendersi nell’accezione temporale della parola, nel senso che sono donne che per prime hanno ricoperto ruoli importi, incarichi che precedentemente sono stati esercitati da uomini. Siamo davanti a un cambiamento, ma quali motivazioni ci sono dietro a questi rinnovamenti? Siamo arrivati davvero a raggiungere la parità di genere?
Prime donne ai vertici, alcuni esempi
È di recente la notizia della nomina a direttrice della Reuters di Alessandra Galloni. Si tratta della prima volta che una donna è alla guida dell’agenzia di stampa, una svolta avvenuta dopo 170 anni di attività della testata giornalistica. Negli stessi giorni il CNR ha eletto come presidente Maria Chiara Carrozza, anche in questo caso è la prima volta che la presidenza è gestita da una donna. Nel 2019 due tra le più autorevoli cariche europee sono state ricoperte per la prima volte da donne, vale a dire la presidenza della Commissione europea e della Banca centrale europea, rispettivamente affidate a Ursula von der Leyen e Christine Lagarde.
Donne ai vertici: perché meravigliarsi?
Sono solo alcuni sorprendenti esempi di cariche ai vertici tenute da donne. Quello che sorprende, non deve essere la posizione assegnata a donne. Deve stupire il fatto che solo dopo tanti anni e solo dopo che quei ruoli sono stati ricoperti sempre da uomini, finalmente, per la prima volta sono le donne a raggiungere quel traguardo. Non deve stupire che a quei livelli ci siano figure femminili. Sono personalità competenti e con una lunga esperienza, meritano ed è legittimo che esercitino tali mandati. Deve meravigliare, invece, che sia la prima volta che vediamo donne ai vertici. In tutti questi anni non c’è mai stata una donna preparata in grado di gestire incarichi così importanti?
Il punto di vista di Claudia Campisi
Per analizzare questo fenomeno abbiamo intervistato Claudia Campisi, HR e Talent Acquisition per un’azienda di Informatica e ideatrice del blog “Lavoro con stile” in cui tratta delle tematiche del mondo del lavoro, in modo particolare di ricerca di un impego e crescita e sviluppo personale.
Secondo lei perché, fortunatamente, sempre più donne riescono ad arrivare ai vertici? Ovviamente, incide la preparazione e le esperienze, ma c’è qualche meccanismo in più?
“Credo che chi di noi arrivi ai vertici vi riesca grazie alla consapevolezza del proprio valore, dei sacrifici fatti, del diritto a poter sviluppare una carriera che comprenda anche un ruolo apicale. L’ingrediente segreto è legato alla fiducia in sé stesse, nel coraggio che si è pronte ad investire in un percorso in salita. In una coppia come anche in una famiglia bisogna trovare chiaramente un equilibrio, soprattutto in presenza di figli, ciò non esclude che non ci si possa organizzare senza dover rinunciare a obiettivi e aspirazioni. La fisionomia delle famiglie, soprattutto quelle più istruite, comprende nuove lenti di lettura e chance di crescita. Bisogna fare ancora tanto da questo punto di vista e parlarne ancora di più per trasformare un mindset che ha bisogno di una profonda trasformazione”.
Parità di genere in ambito lavorativo
Una trasformazione che inizia a vedersi. Siamo davanti a un cambiamento prima culturale e poi sociale che riconosce maggiore spazio alle donne. Uno spazio che è una conquista a cui le donne sono arrivate. Le donne, infatti, stanno rivendicando ruoli che prima erano riservati esclusivamente agli uomini. È bene precisare, che questa rivendicazione dei ruoli è mossa dal principio della parità di genere. Si vuole raggiungere un equilibrio tra uomini e donne, una situazione alla pari, di uguaglianza tra le parti anche in ambito lavorativo. Per approfondire questo punto, ho chiesto a Claudia Campisi una panoramica sulle dinamiche del lavoro femmine.
La situazione del lavoro femminile
Dott.sa Campisi, occupandosi delle risorse umane, negli ultimi anni ha notato una differenza, un cambiamento per quanto riguarda l’ingresso nel mondo del lavoro di personale femminile?
“Lavoro nelle risorse umane da più di 10 anni e ho avuto la fortuna di avvicinarmi a contesti professionali anche molto differenti tra loro. In alcuni ho incontrato soprattutto personale femminile e ripercorrendo con loro le tappe di carriera, chi ai primi passi e chi alle prese con una impegnativa riqualificazione, posso dire che purtroppo ancora oggi è la donna ad avere maggiori difficoltà a sviluppare un percorso lavorativo continuativo. I primi anni, subito dopo aver terminato gli studi, rappresentano sempre quelli di maggior spinta in avanti, successivamente il rallentamento arriva, quando si decide di metter su famiglia, ma anche questa non è la regola. Credo che molto dipenda dal match perfetto azienda -professionista, questo rapporto può fare la differenza per entrambi le parti ma soprattutto per la lavoratrice. Basta visionare i dati europei ISTAT per constare come negli stati europei ci sia un discreto allineamento quando si parla di: Istruzione, Percorso lavorativo, Carriera e Reddito. È evidente che al di là delle nicchie professionali, c’è ancora tanto da fare, soprattutto per quei ruoli e quegli sbocchi occupazionali a scarsa densità di personale femminile”.
La pandemia quanto e come ha influito sul lavoro femminile?
“Tantissimo. Quando penso alla pandemia il primo pensiero va alle freelance, alle libere professioniste che si sono trovate spiazzate e in serie difficoltà. Penso a tutte le donne impiegate con contratti precari. La gestione della casa e della famiglia è ancora prevalentemente sulle spalle di noi donne con impatti importanti in situazione come questa. Spesso sono venuti meno gli aiuti per l’organizzazione del ménage familiare, sono sopraggiunti nuovi carichi e di conseguenza chi è stato chiamato a pagare il prezzo più caro sono proprio le donne”.
Lavoro femminile: abiti e ruoli
In quali ambiti e in che ruoli c’è maggiore richiesta di personale femminile?
“Sicuramente il mondo IT è uno dei principali bacini in cui siamo ben gradite e ricercate, così come i media e le nuove tecnologie di comunicazione. Si può dire lo stesso in ambito sanitario, amministrativo-contabile ma anche nel mondo del retail e della Grande Distribuzione”.
E le donne in quali ambiti e in che ruoli cercano lavoro?
“Direi che si propongono con entusiasmo e voglia di fare in tutti i settori in modo omogeneo, in relazione al background formativo e allo sbocco lavorativo desiderato. A certe condizioni, mi riferisco al tema gestione famiglia, spesso i lavori più ricercati sono quelli più funzionali in grado di favorire un equilibrio tempi di vita e carriera”.
Domanda e offerta di lavoro coincidono?
“Direi di no, siamo ancora abbastanza lontani. In questo la pandemia e il ricorso forzato ad alcuni istituti contrattuali, come lo smart working, hanno accelerato un processo di riorganizzazione
favorevole a questo incontro domanda-offerta. Oggi in molte aziende è un dato consolidato il fatto che si può lavorare da remoto con successo e profitto, che lo si può fare anche se i propri figli sono in DAD!”.
Una parità di genere non pienamente raggiunta
Si sta facendo molto ma non si può dire di essere arrivati a una vera svolta. Se da un lato ci sono dei miglioramenti, dall’altro bisogna considerare anche episodi che contrastano con il principio delle pari opportunità. Ad esempio, la nomina di Maria Chiara Carrozza rappresenta un traguardo anche in virtù del fatto che è stata un’altra donna, Maria Cristina Messa, a nominarla presidente del CNR. Quest’episodio dimostra il potere delle donne, ma bisogna anche considerare che la Ministra Messa è solo una tra le otto ministre su ventitré del governo Draghi, ovvero il problema delle quote rosa nel governo. Ancora, prendendo come esempio Ursula von der Leyen, abbiamo percepito come una novità la sua elezione. Ci siamo, poi, indignati per l’episodio dell’incontro con Erdogan. Situazione in cui la presidente della Commissione europea è stata fatta accomodare sul divano, distante dal dialogo tra due uomini.
Donne ai vertici: il consiglio di Claudia Campisi
In conclusione, Dott.ssa Campisi, Volendo dare un consiglio, in che modo una donna potrebbe arrivare ai vertici?
“Come in parte ho già anticipato, credendo in sé stessa, nelle proprie risorse personali e preparandosi a un percorso spesso accidentato e di difficile approccio ma tanto meritato. Il consiglio che è anche il mio stile di vita è quello di studiare, essere competenti, preparate ma anche capaci nelle relazioni, umane, empatiche in fondo i dati parlano chiaro, sono proprio questi i nostri punti di forza!”.
Siamo sulla strada giusta per arrivare alla parità di genere, ma il cammino è ancora lungo da fare. Frasi come “è la prima donna ed essere…” sono sintomo che le cose stanno cambiando e ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma c’è ancora tanto da lavorare. Per una donna che arriva ai vertici ce ne sono molte che non riescono a completare gli studi, o rinunciano al lavoro per dedicarsi ai figli. Ottimo traguardo se una donna diventa direttrice o presidente, ma dobbiamo lavorare affinché tutte le donne si sentano realizzate e non debbano fare rinunce.