Sandro Pertini e i diritti umani
«nel mondo
contemporaneo esistono
purtroppo ancora molte
situazioni nelle quali invece
dell’impero della legge
predominano l’arbitrio, la
violenza morale e materiale,
la sopraffazione». Sandro Pertini
Difesa della pace nella libertà. L’uomo come fine e non come mezzo. Emancipazione dell’uomo da ogni forma di sopraffazione attraverso l’educazione. Libertà non come concetto astratto ma come riscatto dalla paura e dal bisogno. Tolleranza per le idee altrui. Eguaglianza di tutti i popoli contro ogni discriminazione. Lotta alla fame nel
mondo e contro la disumanizzazione ecologica del pianeta. Sono questi i concetti che Sandro Pertini nel corso della sua vita, e in particolare del suo mandato presidenziale, è andato martellando ai quattro angoli del mondo, sempre
pronto, dall’alto della Sua autorità di presidente della Repubblica, a denunciare altri capi di Stato o di Governo che
calpestavano i diritti di democrazia e libertà. Libertà che per Pertini è un bene prezioso, inalienabile. L’esaltazione della dignità dell’uomo.
Il discorso di Pertini alla Columbia University
E se questa dignità viene offesa, viene lesa la stessa libertà. Ecco perché è indispensabile esaltare la difesa dei diritti civili ed umani, perché chi viene privato di questi diritti, cessa d’essere un uomo libero e diventa vittima dell’arbitrio del potere. Ed ecco perché la Dichiarazione universale deve costituire il punto di comune approdo civile per i popoli del mondo, divisi da ideologie e culture spesso diverse tra di loro.
Su questo tema Pertini si è espresso in maniera mirabile in un suo discorso, la prolusione alla Columbia University il 31 marzo 1982: “Il mio pensiero si rivolge con sdegno ed amarezza a quei paesi nei quali in nome della dittatura di un partito, di una classe, di una asserita ed infondata primazia razziale, di un’ideologia spesso disumana, di criteri distintivi fondati sul censo e la fortuna, si nega la dignità dell’uomo raggiunta nel corso della sua multimillenaria esistenza a prezzo di indicibili sofferenze. Dobbiamo francamente riconoscere che non sono molte le nazioni del nostro pianeta nelle quali un umile possa tranquillamente rispondere all’arroganza del potente con la frase del celebre mugnaio tedesco: ‘Vi sarà ben un Giudice a Berlino’. Dunque nel mondo contemporaneo esistono purtroppo ancora molte situazioni nelle quali invece dell’impero della legge predominano l’arbitrio, la violenza morale e materiale, la sopraffazione”.
Per la protezione dei diritti umani: i messaggi di Pertini ai capi di Stato
Quello dei messaggi diretti ai capi di Stato e di governo a difesa dei diritti umani è l’aspetto della sua azione internazionale che ha portato l’impronta più vigorosa. In tale campo i suoi interventi sono stati numerosi, incisivi, diretti a Est come ad Ovest contro i totalitarismi di destra e di sinistra. Non c’è destra, non c’è sinistra quando si parla di violazione dei diritti umani. Dopo aver condannato i fatti di Polonia e di Afghanistan, dopo essersi schierato contro l’apartheid in Sudafrica, il presidente Pertini ha condannato anche le violazioni dei diritti umani perpetrate
in Cile, in Argentina, in Guatemala.
L’11 luglio 1978, a soli due giorni dal suo insediamento, telegrafava a Breznev in favore dei dissidenti sovietici. Qualche mese dopo, il 14 dicembre 1978, inviava un messaggio al presidente dell’Uruguay Mendez a favore del professor José Luis Massera, detenuto politico. Poi ancora un messaggio al presidente del Pakistan Zia Ul Haq per invocare la clemenza a favore dell’ex primo ministro Zulfikar Al Bhutto, condannato a morte, e il celebre telegramma, fotografia dello stile pertiniano, inviato all’Ayatollah Komeyini il 24 novembre 1979 dopo la presa degli ostaggi americani in Iran.
La difesa dei diritti umani
Nel 1982 la Lega Internazionale dei Diritti Umani gli conferì un attestato “per onorare una vita di coraggio e spesa al servizio dei diritti umani”. E nei suoi discorsi in difesa della libertà e dei diritti umani non sono mai mancati riferimenti al suo passato, agli anni di lotta contro il fascismo, agli anni della Resistenza, a “tutta la nostra giovinezza che abbiamo gettano nella lotta senza badare a rinunce per riconquistare la libertà perduta”.
Alle dolorose esperienze passate dagli italiani, consapevoli che la libertà è un bene prezioso e non alienabile, un bene che in nessun caso è suscettibile di baratto. Gli italiani devono essere fieri di veder sanciti nella Costituzione repubblicana questi diritti e consapevoli di essere cittadini liberi. Tuttavia ai loro diritti verso lo Stato, alla vita, alla libertà e alla sicurezza corrispondono anche dei doveri verso i propri simili, di rispetto della dignità umana che non deve conoscere barriere di razza, religione e ceto sociale.
E guardando all’Europa, Sandro Pertini auspicava la cooperazione dei Paesi europei per rendere gli uomini più liberi,
combattendo governi che nel mondo privano i popoli dei diritti civili ed umani e che opprimono con ignobili dittature. “Qui a Strasburgo è costituita la Corte dei diritti dell’uomo. Essa deve avere poteri adeguati per far sentire la sua autorità a tal punto che un qualsiasi cittadino nel mondo che sente lesi i suoi diritti umani possa rispondere al despota: ‘Ma a Strasburgo vi saranno giudici cui potrò ricorrere e ottenere giustizia’. Questa difesa dei diritti umani e civili deve costituire uno dei nobili compiti dell’Europa veramente unita”.
Pertini oggi…
Cosa direbbe oggi il presidente Pertini delle guerre che continuano ad incendiare tante parti del mondo? E cosa sulla guerra in Afghanistan e in Iraq e in Libia? Che direbbe del silenzio occidentale sulla drammatica situazione in Siria? E dei barconi carichi di “clandestini” che affollano il canale di Sicilia, delle disumane condizioni all’interno dei CIE? Cosa direbbe dell’ondata omofoba, alimentata da partiti e uomini politici, che sta travolgendo il nostro Paese? Cosa direbbe dei diritti calpestati da logiche di mercato, della precarietà, della povertà che cresce e rosicchia sempre più famiglie? Sicuramente direbbe qualcosa, sarebbe il primo a parlare e ad alzare la voce. E inviterebbe a “difendere la libertà, costi quel che costi”.
Editoriale di Antonino Gasparo