Tempo contato. Disobbedire per denunciare le violazioni dei diritti umani.
Proposte N. 11 – Novembre 2022
A cura di Elena Coniglio
Attivisti in lotta per denunciare le atrocità commesse in Libia sotto il cappello di un accordo illegale figlio della cultura razzista europea, il memorandum d’intesa Italia-Libia.
Il protocollo d’intesa si rinnoverà tacitamente per altri tre anni se entro il 2 novebre non verrà discusso in Parlamento. Mentre la data di scadenza si avvicina, le voci degli attivisti si sollevano per denunciare l’illegalità dell’accordo, le detenzioni illegali e le gravi violazioni dei diritti umani nei centri di accoglienza libici. Marlène Micheloni, sociologa e attivista indipendente, ci offre con un’intervista una prospettiva che guarda ai contorni storici e ideologici della lotta antirazzista.
Giovedì 19 ottobre 2022.
Marlène Micheloni, mi accoglie nella sua abitazione romana poche ore dopo essere stata protagonista di un’azione di disobbedienza civile. Insieme ad altri attivisti provenienti da tutta Italia, si è incatenata in Piazza di Monte Citorio per denunciare l’illegalità del ‘Memorandum d’intesa Italia-Libia’[1].
Un’azione shock, parte di un progetto di protesta e sensibilizzazione pubblica di più largo respiro che si affianca alle attività promosse dal collettivo libero e informale ‘Rete Antirazzista’, costituito da attivisti indipendenti e che collabora con numerose associazioni italiane ed internazionali, tra cui Gruppo anarchico Mikhail Bakunin Roma, Mani Rosse Antirazziste, Baobab Experience, Mediterranea Saving Humans, Diritto di migrare-diritto di restare, Abolish Frontex e Solidarity with refugees in Libya. A pochi giorni fa risale il nostro primo incontro, proprio in occasione del sit-in di Roma del 15 ottobre per la giornata di mobilitazione internazionale unitaria promossa dal collettivo per chiedere al governo italiano di porre fine al memorandum, il controverso accordo siglato nel 2017 e denunciato dalle più importanti organizzazioni a tutela dei diritti umani, dall’UNHCR, dalle Nazioni Unite e dalla stessa Unione europea.
L’Italia, già condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2012 nel ‘caso Hirsi’[2], continuerà a rendersi complice di gravissime violazioni di diritti umani in Libia se non porrà fine all’accordo dibattendolo in parlamento entro il 2 novembre. Il memorandum, firmato dall’allora ministro dell’Interno Minniti, si rinnova infatti tacitamente ogni tre anni salvo che le parti contraenti non ne diano notifica scritta almeno tre mesi prima della scadenza di validità, il 2 febbraio 2023.
Il tempo fugge e le probabilità che vi sia un rapido cambiamento di rotta da parte del governo italiano, data anche la particolare contingenza storica sono remote, ma la lotta dei collettivi non si arresta e come rassicura Marlène Micheloni, si continua a lottare e a programmare il lavoro per il futuro.
“L’idea di fondo della Rete antirazzista è di uscire dalla frammentazione e mettere in connessione le persone per costruire una rete informale e libera con la quale creare attività e dibattito, è un percorso piuttosto che un gruppo organizzato. La nostra attività è di informazione, presa di posizione e solidarietà, un atto formativo della coscienza sociale e politica.”
La rete lavora in vista di questo risultato ormai da oltre un anno incentrando il proprio operato sul tema dell’antirazzismo e lottando per denunciare i fenomeni di traffico e sfruttamento di esseri umani nelle rotte migratorie e in luoghi sensibili, tessendo legami con persone e associazioni che operano sull’inclusione come Black Lives Matter Roma.
“Il progetto unitario ha tra i suoi scopi il diffondere l’idea di ‘diversità’ e la formazione di una specifica coscienza politica..non morale, bensì etica, quale derivazione della presa di coscienza. È infatti dal contesto nel quale si vive che si fa derivare la coscienza dei diritti individuali e collettivi.”
L’attività formativa e di sensibilizzazione è fondamentale non solo per rompere il silenzio, ma anche per creare una prospettiva di impegno civile nella popolazione italiana sui temi del fenomeno migratorio. Riuscire a toccare le persone, dei nuclei, e creare gruppi di lavoro.
“È un paese che ha una tale storia di emigrazione che trovo doloroso pensare che in questo paese ci possa essere un black-out della memoria, il fatto che ci sia questo razzismo, il rifiuto dei migranti..che è così forte.. proprio in Italia. (…) Dovremmo pensare che in Svizzera, ad esempio, nei bar e nei locali erano apposti divieti che recitavano ‘Vietato ai cani e agli italiani!’ [3] (…) e che il razzismo è stato vissuto da tanti emigrati italiani..”
Marlène Micheloni, che dagli anni Novanta ha lavorato nel campo umanitario in diverse regioni del mondo, ci porta alle origini del proprio impegno.“Tutta la questione dell’immigrazione mi interessa da un punto di vista politico di per sé, ma gli interessi personali sono sempre legati alle nostre storie. (…) Sono nata in Abruzzo, e sono stata ‘esportata’a sei mesi da genitori emigrati in Svizzera. A quell’epoca esisteva ancora lo statuto di ‘stagionale’ che faceva sì che tutte le persone senza lavoro, dunque i figli, fossero dei clandestini. Ho cominciato così, a vivere nella clandestinità. Dunque è chiaro che il mio cuore non può non vibrare su questo tema. Siamo tutti clandestini, oppure nessuno è clandestino..”
Se una comprensione profonda dei fenomeni passa in primo luogo da un’esperienza nel vivo delle questioni sociali, è necessario però definire i contorni ideologici dei gravi problemi d’intolleranza ed esclusione che ancora connotano la nostra contemporaneità. Essi sono infatti ascrivibili alla cultura profondamente classista e divisiva del capitalismo, una cultura dei privilegi. Quella di un capitalismo che ha assunto la forma del capitalismo finanziario e che per il momento pare aver vinto su molti fronti.
“È tutta una questione di classi infatti..ci dovremmo rendere conto che l’unica concorrenza al capitalismo, dentro al quale sembra ci si voglia invece assolutamente integrare invece di combatterlo, è la solidarietà. Una solidarietà umana con una coscienza di classe. Perché siamo tutti vittime del capitale, della finanza. Tutti coloro che non fanno parte di quel piccolo strato privilegiato che si intrattiene con una cultura dei privilegi lo sono. Se tu hai acquisito qualche piccolo privilegio, hai il sentimento di poterne avere sempre di più, staccandoti dalle tue classi di appartenenza..”
Una cultura del privilegio che si fa anche cultura del razzismo, ingiusta e per definizione incapace di interrogarsi sul significato delle migrazioni umane e sui cambiamenti di larga portata. “È un diritto fondamentale cercare di vivere e sopravvivere. Cercare un luogo dove trovare una vita degna. Non è giusto accettare e subire delle vite indegne… provocate qui da noi tra l’altro. Io trovo eroiche le persone che trovano la forza di partire. Eroiche e pazze allo stesso tempo…’
Sappiamo che solo i più fortunati riescono a giungere nei paesi di destinazione per mezzo di corridoi umanitari. Al contrario, molte persone, molte famiglie, fanno viaggi incredibili attraverso il deserto e il mare rischiando la morte.
“Per questo dico pazzi ed eroici..ma la necessità porta a questo.. e proprio per questa ragione le persone che riescono a fare questo viaggio, se riuscissero ad essere inclusi, se avessero questa libertà di viaggiare, potrebbero essere una risorsa per tutti. Per il nostro paese e per il loro. Così come avvenne per l’Italia attraverso le rimesse degli emigrati.”
L’emigrazione è dunque una grande ricchezza anche sotto il profilo socio-economico, a patto che non si rientri in una logica di sfruttamento e prigionia una volta giunti in Italia, dove si assiste a nuove forme di schiavitù. Alla reiterazione di meccanismi innescati dai trafficanti di esseri umani che fanno del bisogno e della disperazione una delle attività criminali più redditizie del mondo [4].
Protestare contro il Memorandum Italia-Libia, contro le atrocità che esso ha causato e continuerà a cagionare con grande probabilità nei prossimi tre anni, porta con sé significati precisi e urgenti. L’attivarsi d’ora in avanti attraverso la partecipazione civile in azioni collettive e spontanee significa guardare al futuro con una speranza. Non lontana, non utopica. Una speranza sulla possibilità che l’uomo possa ancora conquistare da sé i propri diritti attraverso la consapevolezza e l’azione comune come in passato ha saputo fare. In una difesa degli uomini per gli uomini che faccia come sue bandiere il rispetto dei diritti fondamentali e delle pari opportunità politiche, e per la quale disobbedire è un atto di resistenza civile.
Quando chiedo infatti a Marlène quali siano i progetti per il futuro dell’azione unitaria dei collettivi e cosa accadrà dopo il 2 novembre ormai prossimo, mi risponde che sarà fondamentale cambiare modello d’azione e guardare ai giovani. Svegliare, colpire le coscienze attraverso la formazione e dare quella speranza. “La speranza che ci possono essere lotte collettive di liberazione. Perché in un sistema di riproduzione dei privilegi e delle classi sociali, si sarà sempre perdenti.”
[1] Memorandum Italia-Libia, ovvero ‘Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana’. https://www.governo.it/sites/governo.it/files/Libia.pdf
[2] Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 23 febbraio 2012 – Ricorso n. 27765/09 – Hirsi Jamaa e altri c. Italia, per la violazione degli artt. 3 e 4 del Protocollo n. 4, nonché l’art. 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo(CEDU).https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.wp?facetNode_1=0_8_1_60&previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU743291 ;
[3] L’articolo di carattere storico divulgativo ‘Vietato ai cani e agli italiani!’ https://www.swissinfo.ch/ita/immigrazione-da-sud_-vietato-ai-cani-e-agli-italiani–/8959576 dalla rubrica ‘Come l’italianità ha plasmato la Svizzera’.
[4] Accordi Italia-Libia: tra istituzionalità e illegalità. Il doppio volto del fenomeno migratorio nel Mediterraneo: oggetto di accordi istituzionali e fonte di reddito per il crimine organizzato transazionale https://www.filodiritto.com/accordi-italia-libia-tra-istituzionalita-e-illegalita-il-doppio-volto-del-fenomeno-migratorio-nel-mediterraneo-oggetto-di-accordi-istituzionali-e-fonte-di-reddito-il-crimine-organizzato-transazionale