Un viaggio in moto per far conoscere la normalità della sindrome di Down
Il giro d’Italia in moto, in sella i ragazzi con la sindrome di Down della Route 21 Chromosome on the road, il progetto di inclusone sociale realizzato dall’associazione Diversa-Mente e pensato da Gian Piero Papasodero. Si tratta di vero e proprio viaggio in Harley Davidson della durata di un mese, si attraversano tutte le regioni d’Italia, percorrendo circa 10 mila chilometri. Un’iniziativa sociale trasversale che quest’anno è giunta alla sua settima edizione e che ha coinvolto più di 20 ragazzi. Un’esperienza così innovativa che l’anno scorso è stata invitata al Vaticano da Papa Francesco.
Che cos’è la Route 21 Chromosome on the road
Per conoscere meglio questa realtà, abbiamo parlato con Gian Piero Papasodero, ideatore della Route 21 Chromosome on the road. Ci ha spiegato: «Per partecipare alla Route 21, basta semplicemente contattare l’associazione sulla pagina Facebook o telefonicamente. Fare il giro d’Italia in moto non è facile, per questo vado a “testare” il ragazzo, se ad esempio, si tiene in equilibrio sulla sella. Per capire se ci sono problemi e come fare per risolverli, così il ragazzo potrà partecipare. All’ attrezzatura dai caschi alla tuta e per tutto il resto pensiamo noi dell’associazione».
Per far parte del viaggio non ci sono limiti di età. Nelle varie edizioni il più giovane aveva 18 anni, mentre il più anziano 44 anni. Gian Piero ci spiega: «Saremmo degli ipocriti se ponessimo dei limiti a partecipare. L’unico ostacolo riguarda l’adesione delle ragazze. Durante il viaggio condividiamo le camere per il pernottamento, spesso siamo anche ospiti di qualcuno, per questo per le ragazze potrebbe risultare scomodo. Una soluzione potrebbe essere far organizzare una tappa dalla nostra presidentessa, Nicole Wederich, la quale potrebbe portare con sé una ragazza Down» Poi scherza: «Prederanno come pretesto per criticarci il fatto che la Route 21 è pensata solo per i ragazzi e ci chiederanno le quote rosa!».
La normalità come tratto distintivo
Gian Piero Papaodero, qual è l’idea alla base della Route 21 Chromosome on the road?
«Il nostro intento è quello di fare della sana comunicazione in favore di persone che troppe volte vengono gestite in modo sbagliato. Partiamo da un presupposto diverso da quello di altre associazioni che si occupano di sociale. Noi partiamo da un’idea di normalità e guardiamo le persone che si avvicinano alla nostra associazione per la loro singolare normalità. Solo riuscendo a capire la normalità di queste persone si capisce lo sforzo che fanno nella vita che è programmata per altri tipi di normalità».
«Quando, per la prima volta, sette anni fa, ho iniziato a fare un viaggio a staffetta lungo l’Italia con ragazzi Down, la gente era incredula, commentava dicendo “Ma come ci pensi a fare una cosa del genere con dei ragazzi Down che hanno bisogno della loro zona di comfort”. Questa è l’idea comune, purtroppo. Ho fatto volontariato per circa 10 anni e ho visto molte ingiustizie perpetrate a danno dei ragazzi con la sindrome di Down. Si assiste alla sostituzione della figura dell’amico con altri termini tecnici: non c’è più l’amico, ma l’assistente, l’operatore del centro. Soggetti che relegano le persone con trisomia 21 a una condizione di inferiorità».
«Quando ho iniziato con la Route 21 ed ho chiesto ad alcune associazioni di invitare qualche ragazzo a fare questa esperienza, mi hanno risposto che come minimo ci voleva un anno di terapia. Io, invece, ho un modo di pormi nei confronti dei ragazzi che è fuori dagli schemi, cioè non riesco a vedere in loro una forma di diversità tale per cui io debba cambiare il mio atteggiamento nei loro confronti. Con loro mi incavolo, così come me le prenderei con qualsiasi altra persona che lavora con me, ma gli do una pacca sulle spalle quando se la meritano. Mi pongo nei loro confronti come persone normali quali sono. Parliamo di normalità, per questo il feed back delle famiglie che ci contattano è commovente, perché senti la gratitudine delle persone e ti senti una persona migliore».
L’organizzazione di Route 21 Chromosome on the road
Com’è strutturata la vostra organizzazione?
«Le nostre attività non prevedono costi per i ragazzi, nessuno di noi percepisce delle quote, i nostri collaboratori non sono remunerati. Le nostre entrate derivano dalla vendita di oggetti che realizziamo. Sono un designer, organizzo stage nel mio laboratorio, si chiama “Il laboratorio delle idee”. Quando facciamo la Route 21 vendiamo circa 1500 magliette all’anno. Ci sono poi le donazioni spontanee. Non abbiamo sponsor, non vogliamo l’etichetta di nessuno. Tutto quello che realizziamo lo facciamo attraverso le donazioni».
«Il direttivo è composto dai genitori dei ragazzi, in modo tale che se qualcuno avesse un dubbio sulla moralità, sono le famiglie stesse ad essere garanti. Noi siamo garanti verso le famiglie e le famiglie sono garanti verso di noi e verso la nostra moralità. Siamo riusciti a creare un movimento in cui i ragazzi non sono utenti che pagano per un servizio. Abbiamo creato un’associazione per fare in modo che questi ragazzi si sentano parte della società in maniera attiva».
L’importanza dell’autodeterminazione
Qual è lo scopo della Route 21 Chromosome on the road?
«Noi facciamo in modo che la nostra associazione sia una zona free, dove i ragazzi possano trovare rifugio e autodeterminarsi. L’elemento fondamentale è l’autodeterminazione, per cui i ragazzi si sentano parte di un gruppo. I ragazzi sono parte attiva del viaggio. Abbiamo dei gilet da motociclista su cui hanno cucito le patch dei luoghi dove sono stati. Il senso di appartenenza che i ragazzi hanno al nostro gruppo e a quel gilet che indossano è lo stesso di un harleysta che è membro di un club ufficiale. Si sentono parte di qualcosa di molto importante».
«Quando si concretizza un percorso del genere è lì che il lavoro di un’associazione assume importanza sociale. Perché non siamo né un’agenzia di viaggio per ragazzi disabili, né un parcheggio dove venire a lasciare il figlio per alcune ore. Questo tipo di organizzazione, però, è stato seguito dal panorama associazionistico italiano. Risultiamo antipatici a molte associazioni perché creiamo un precedente scomodo. Il controsenso è: per un servizio di un paio di giorni in un’associazione si spendono molti soldi, ma per fare il giro d’Italia in moto non si spende un euro. Questo crea un precedente scomodo per chi fa del business con questi ragazzi».
«La Route 21 Chromosone on the road si caratterizza anche per la completa assenza di sovrastrutture che vanno a determinare zone grigie che complicano le situazioni. Il nostro progetto sociale nella sua semplicità. Abbiamo un direttivo nel quale ci sono le famiglie, il direttivo organizza dei progetti sociali a cui le famiglie partecipano, poi, c’è un impianto di comunicazione che fa in modo che tutto questo funzioni».
Le prospettive di Route 21 Chromosome on the road
Quali sono gli obiettivi per il futuro?
«Gli obiettivi più imminenti sono la prossima Route 21 che partirà da Cervia il 4 settembre 2021 e arriverà a Viterbo. Per il futuro c’è l’intensione di riuscire a creare una struttura più grande rispetto a quella in cui siamo adesso. Vorremo creare un centro d’impiego diurno. Un centro polifunzionale dove i ragazzi, ognuno con le proprie capacità, sono impegnati in diverse attività. La cosa più importante, ciò che noi facciamo e continueremo a fare è la comunicazione. Fare una chiacchierata come questa e pensarla con una diffusione più ampia sarebbe molto più utile di tutte le cavolate che ci propongono in tv per riempiere degli spazi».
La questione lavoro per i ragazzi con la sindrome di Down
La conversazione con Gian Piero Papasodero ha toccato diversi temi, tra questi anche il rapporto tra ragazzi con sindrome di Down e lavoro. Ci ha, infatti, esposto alcuni problemi che gli imprenditori incontrano nel momento in cui volessero assumere candidati con la trisomia 21. Gian Piero ha spiegato: «Io non posso decidere di assumere un ragazzo Down, in quanto sono subordinato a un articolo di legge, per cui, di fatto, la ASL ad un ragazzo con la sindrome di Down, sia questo capace di lavorare meglio di qualsiasi altro artigiano, nega di lavorare, perché nessuno si prende la responsabilità di far entrare un ragazzo Down in un laboratorio o in un’officina».
«Per le persone che hanno subito delle mutilazioni, ad esempio, non hanno un braccio, non ci sono problemi per lavorare, ma sorgono complicazioni se si tratta di persone Down. C’è una gravissima penalizzazione di questi ragazzi a livello delle istituzioni».
L’impossibilità di assumere un ragazzo con sindrome di Down
«Nel mio laboratorio, ad esempio, proprio adesso, ho un assistente che viene due volte a settimana, sta lavorando in completa autonomia, non lo posso assumere perché un medico ha dichiarato che non può utilizzare apparecchiature elettromeccaniche. Suo padre al compleanno gli ha regalato un trapano, l’anno prima una levigatrice pneumatica, ogni anno riceve un regalo proveniente da una ferramenta. Il medico, però, che lo ha visitato 5 minuti, dice che non può usare apparecchiature elettromeccaniche, ma se lo vedi utilizza quegli strumenti in maniera che fa impressione».
«Si tratta di una grandissima limitazione nei suoi confronti, ma anche nei confronti di un imprenditore che vorrebbe fare qualcosa ma non può farlo a causa di regolamenti. Come associazione incontreremo il minestro della disabilità. È assurdo che esista un ministero e non si preoccupi della cosa fondamentale. È il datore di lavoro responsabile della salute dei suoi dipendenti. Se tu vieni a lavorare da me devo preoccuparmi che tu non ti faccia male. Che tu abbia un cromosoma in più o in meno, non cambia la legislazione in materia di sicurezza».
Le ingiustizie sul reddito
«In aggiunta, c’è da fare un discorso sul reddito. Il reddito di un ragazzo disabile fa cumulo con la pensione e quindi se assumi una persona con una disabilità la puoi assumere per massimo di tre ore al giorno e puoi pagarla al massimo 3,5€ l’ora, perché sennò queste ore a fine mese moltiplicate per un importo superiore a 3,5 vanno a superare quell’aliquota tale per cui questi ragazzi perdono i diritti acquisiti. Queste sono ingiustizie perpetrare ai danni di queste persone. Ci sono disparità tra chi soffre di una disabilità e chi si alza come me e va al lavoro. Tutto questo è la risposta alla domanda quali sono gli obiettivi dell’associazione, sono obiettivi concreti, portare all’attenzione dei media situazioni che purtroppo o sono tabù o non se ne parla perché le si ignora».
Iniziative come quelle di Route 21 Chromosome on the road sono doppiamente lodevoli. Innanzitutto, vanno a vantaggio dei ragazzi che partecipano all’esperienza del viaggio, in quanto non si sentono diversi, come spesso avviene nella società ma, anzi, si riuniscono e si riconoscono in un gruppo in cui non ci sono distinzioni. Inoltre, è un progetto utile per la comunità perché lancia un messaggio straordinario, che è quello di vedere la diversità con occhi diversi, o meglio di non vederla per niente, perché la diversità è in cui guarda e non in colui che guardiamo.