Una Palestina (speriamo libera) tra i Paesi ONU

Una Palestina (speriamo libera) tra i Paesi ONU

Il Governo a trazione Meloni ha deciso di non appoggiare la decisione che ha visto le Nazione Unite riconoscere la Palestina come Paese idoneo a far parte dell’ONU

Nemmeno la tragedia che si sta consumando a Gaza riesce ad instillare un minimo di coscienza negli animi dei nostri rappresentanti alle Nazioni Unite; a seguito delle votazioni (simboliche occorre dirlo!) il nostro Governo preferisce l’astensione incurante del triste messaggio che consegna al mondo

Non tutto porta sempre a risultati immediati e sperati, anzi, in genere si tratta esattamente dell’opposto ma ciò che è avvenuto in sede di riunione ONU è certamente qualcosa di importante.

bandiera della palestina sventolata nella guerra
foto di hosny salah da Pixabay

Nell’ottica di un incontro che possa mostrare una posizione chiara nei confronti di una delle due guerre più sanguinose e vicine ai nostri confini (si parla del conflitto israelo-palestinese) le Nazioni Unite hanno mostrato una spinta solidale nei confronti della Palestina ritenendola idonea ad entrare nei Paesi ONU.

Cosa significa tutto ciò? Nulla dal punto di vista concreto poiché, va detto, non significa in alcun modo aver inserito la Palestina tra i Paesi ONU ma si è voluto prendere una posizione e, quindi, non appoggiare indiscriminatamente il Governo di Netanyahu.

Tutto questo si è palesato in una riunione plenaria ufficiale datata 10 aprile 2024 alla quale è seguita (come da protocollo) una votazione di tutti i rappresentanti dei Paesi membri delle Nazioni Unite.

Dal titolo emblematico Admission of new Members to the United Nation (document A/ES-10/L.30/Rev.1) con un risultato che è stato a dir poco schiacciante a favore dei palestinesi registrando come favorevoli ben 143 Paesi, 9 contrari (Argentina, Repubblica Ceca, Ungheria, Israele, Stati Federati di Micronesia, Nauru, Palau, Papua Nuova Guinea, Stati Uniti) e 25 astenuti (tra questi 25 astenuti figura, purtroppo, anche l’Italia a trazione Meloni).

L’appoggio dei 143 Paesi a favore hanno, quindi, permesso (almeno se verrà rispettato l’iter classico previsto in questi casi) allo Stato di Palestina di aderire a tutti gli effetti per rispetto dell’articolo 4 della Carta delle Nazioni Unite e rendere il procedimento effettivo a partire dalla prossima 79° sessione dell’Assemblea Generale. Perciò lo Stato di Palestina potrà sedersi in Assemblea, proporre o votare contro una proposta in sede ufficiale ma non potrà votare all’Assemblea Generale o presentare la propria candidatura agli organi delle Nazioni Unite.

La decisione è stata una conseguenza di ciò che si sta consumando in territorio palestinese dove – ad oggi – hanno perso la vita oltre 34000 civili (di cui circa il 60% sarebbero bambini e donne), la popolazione rimasta in vita sta lottando contro la fame (ricordiamo le centinaia di camion con i viveri bloccati nella zona di Rafah e con bambini che stanno letteralmente morendo di fame) e con circa 1 milione e 700.000 persone palestinesi senza una casa e protezione dalle bombe che continuano a cadere. Si tratta di una vera e propria carneficina che sembra non essere vicina alla fine.

Questa votazione ha portato con sé anche una serie di proteste più o meno importanti; tra tutte spicca la posizione di Israele che (attraverso la persona del suo ambasciatore alle Nazioni Unite, Gilard Erdan) ha definito “una barzelletta” la posizione a favore di Hamas. Erdan ha criticato la scelta di accettare lo Stato di Palestina tra i Paesi membri dell’ONU perché tra le clausole per aderire ci dovrebbe essere un Paese che “deve amare la pace” ma questo, per l’ambasciatore, sarebbe naufragato il 7 ottobre quando Hamas ha commesso l’attacco al rave ed ha ucciso e fatto prigionieri.

Bambino con metà faccia disegnata con i colori della bandiera di Palestina
foto di Prompter Malaya da Pixabay

Sembra ancora molto lontano un cessate il fuoco in questo sanguinoso conflitto ma quello che possiamo auspicare è che le pressioni internazionali si facciamo più importanti e costringano una risoluzione con il raggiungimento – tra Palestina ed Israele – della formula (due popoli e due Stati!).

Va detto che le Nazioni Unite già da tempo hanno calendarizzato discussioni sulla situazione Israelo-Palestinese inserendola in una serie di riunioni pianificate sotto la voce Illegal Israeli actions in Occupied East Jerusalem and the rest of the Occupied Palestinian Territory con lo scopo di monitorare la difficile situazione in quel territorio già terribilmente caldo dal 1948 quando venne decisa la nascita dello Stato di Israele dall’Occidente economicamente forte.

Noi di UILS continueremo a monitorare gli eventi e speriamo di poter, quanto prima, poter presentare un articolo nel quale potremmo scrivere la parola fine a questa carneficina a danno soprattutto di innocenti bambini palestinesi.

Viene proposto il link ad un articolo di politica internazionale dal titolo La vita in un campo profughi

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Ludovica Cassano