Von Der Leyen bis nel Parlamento delle minoranze
La tedesca Von Der Leyen è stata rieletta ma l’Europa ne esce meno unita
Intrighi e sotterfugi, simili alle elezioni papali del Medioevo, dove le fazioni si scontravano e regnava l’interesse personale più che il valore globale; questa è l’immagine che ne traspare da questa seconda candidatura e rielezione: Ursula Von der Leyen ci riesce ma con tanta fatica
Ursula Von Der Layen ha fatto di nuovo centro ed ha vinto la battaglia, alquanto ostica, per la rielezione al secondo mandato quinquennale dopo la sua prima elezione avvenuta a luglio 2019.
Il Parlamento Europeo, chiamato a votare con scheda elettorale (e non votazione elettronica), ha emesso il suo verdetto insindacabile appoggiando l’operato della Presidente uscente con 401 voti a favore, 284 voti contrari e 15 voti astenuti; il minimo per la candidatura sarebbe stato di 360 voti.
La reiezione non è mai stata scontata considerando che si trattava di trovare un bilancio tra il Partito Popolare Europeo (Ppe), l’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&d), Renew e Verdi; gruppi decisamente eterogenei e difficilmente conciliabili.
Posizioni politiche decisamente in contrasto tra loro; infatti, se da un lato dell’emiciclo c’è il Ppe che si esprime attraverso ideali di centro-destra (oltre ad essere uno dei gruppi parlamentari più antichi), alla parte opposta dei banchi parlamentari siede il S&d (il gruppo parlamentare dei social-democratici) a cui appartengono le correnti storicamente a sinistra. Al centro, invece, nel cosiddetto gruppo dei liberali, si palesa Renew e, per concludere, i Verdi. Quattro anime molto differenti tra loro che non riuscirebbero, con molta probabilità, a lavorare insieme senza scontri di natura ideologica e/o di mero interesse. In tutta questa incertezza, ciò che è certo è che la nuova conformazione della Commissione Europea avrà come Presidente Ursula Von der Leyen fino al 31 ottobre 2029.
Per la propria ricandidatura la Presidente tedesca ha presentato il suo programma (proposto, come di rito, in un discorso) nel quale si è impegnata su temi quali la competitività, la sicurezza, il Green Deal europeo e la difesa, annunciando anche l’iniziativa denominata “bussola della competitività”. Quest’ultimo progetto dovrebbe colmare il divario relativo all’innovazione tra Europa, USA e Cina, aumentare la sicurezza, l’indipendenza e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
Va anche detto che la Von der Leyen ha parlato sia del ruolo – quanto mai cruciale – del cercare di “esserci” in ambito economico internazionale (soprattutto tra i colossi Stati Uniti e Cina) ma anche delle guerre in corso, sostenendo che la Comunità Economica Europea deve rafforzare la propria sicurezza territoriale ed invitando i vari Stati ad investire di più nel comparto difensivo.
Nelle dinamiche di potere e di palazzo si è consumata una vera e propria soap opera quando l’Italia (terzo Paese per numero di europarlamentari dopo Germania e Francia) ha palesato la propria volontà di eleggere il Ministro Fitto alla vicepresidenza esecutiva della Commissione UE per il suo appartenere al Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) che nell’emiciclo europeo siede a destra e che non ha sostenuto il governo Ursula (al quale, invece, aderiscono Ppe, Renew e socialisti). Gli oppositori, con il PD in testa, non hanno accettato lo spostamento troppo a destra del candidato presentato dalla Premier Giorgia Meloni e, in più, la provenienza dello stesso dalla gestione fallimentare fatta sul PNRR.
Per Ursula Von der Leyen, in realtà, i problemi non si sono limitati all’Italia ma hanno coinvolto anche la vicina Spagna; infatti, un altro tassello scomodo è stato quello della socialista Teresa Ribera (fedelissima di Pedro Sanchez) alla quale si sono opposti i rappresentanti del Ppe – trascinati dalla delegazione spagnola soprattutto del Partido Popular – che è stata duramente criticata per la sua gestione valenciana (a seguito dell’alluvione e dei numerosi morti). Entrambe queste nomine hanno minacciato di far saltare la rielezione. Uno stallo che è stato risolto, dopo trattative durate settimane, con la conferma di entrambi i commissari “della discordia”.
È vero che il governo bis di Ursula Von der Leyen è – oggi – pienamente in carica, ma a quale prezzo? Quanto le – e ci – costerà questo gioco da funamboli che è stato l’attuale insediamento? Domande, queste, alle quali non è ancora dato avere risposte ma che, certamente, ha evidenziato un’eccessiva fragilità della Commissione Europea mentre, al di fuori, altri poteri si dispongono sempre più stabilmente sulla scacchiera internazionale.
Occorre attendere le prossime mosse attuate da questo nuovo assetto parlamentare per capire se ci sarà, o meno, un futuro per la nostra Europa. La prima scelta fatta dalla Von Der Leyen, utile per iniziare a tracciare una rotta della sua politica, è stata la decisione di creare due nuove figure: il Commissario per il Mediterraneo e il Commissario per la Difesa. Due Commissari impegnati nel controllo di due grossi problemi, molto cari agli elettori europei, che possono diventare le cartine tornasole per valutare se si tratta di un’Europa giusta oppure no.
Occorre sperare che questo Ursula Von der Leyen bis faccia più e molto meglio del precedente perché l’Europa rischia davvero di non riuscire a contrastare le egemonie economiche circostanti e di diventare sempre più un loro vassallo, fino a scomparire.